Se servono davvero 214 chilometri di noia per vivere 500 metri finali così, fateci annoiare più spesso. Se servono gli ultimi 250 metri per attaccare e prendere la maglia gialla, per favore Fabio Aru aspetta sempre quegli ultimi 250 metri e alziamo insieme la braccia a Parigi. Il primo tappone pirenaico porta con sé un piccolo ribaltone: sul traguardo di Peyragudes vince Romain Bardet davanti a Rigoberto Uran e a Fabio Aru, in maglia gialla ci va proprio Fabio Aru, dietro la lavagna Chris Froome, in difficoltà negli ultimi 200 metri con rampe da garage.
Una giornata bella, storica, indimenticabile, per Aru e per il ciclismo italiano: una maglia gialla in casa Italia mancava da tre anni, dal 27 luglio 2014, quando Vincenzo Nibali la portò da trionfatore fino agli Champs Elysees. Di giallo si veste per la prima volta il sardo, il Cavaliere dei quattro mori, che sale sul gradino più alto con soli 6 secondi su Chris Froome, 25 su Romain Bardet e 55 su Rigoberto Uran. Un Tour apertissimo,
e siamo solo a metà, o poco più. Di strada e di salita da affrontare ancora ce ne è molta, i contendenti ora però sono solo 4 e la rosa si è ristretta: se Contador era già fuori dai giochi, ora lo è definitivamente anche Nairo Quintana, che paga più del previsto le fatiche del Giro d’Italia e vede allontanarsi l’obiettivo. «Ho un piccolo vantaggio ma il Tour è ancora tanto lungo. Domani (oggi per chi legge, ndr) sarà una giornata molto impegnativa ma vestire il primato al Tour è una delle cose più belle che possa capitare a un ciclista».
Sono parole emozionate quelle di Fabio Aru, che forse ieri ha capito di avere davvero le carte in regola per vincere questo Tour: ma la concorrenza è ardua, tosta, cattiva. Bardet sta bene e sostiene il peso e le ambizioni di un’intera nazione, la Francia, che non vince il Tour dal 1985. Froome è pur sempre Froome, e andrà distanziato in vista dei 22 chilometri a cronometro di sabato 22 luglio a Marsiglia. Uran è una sorpresa, ma sta bene come mai era stato prima, e non va sottovalutato. Però una gioia c’è, ed è quella di vedere Aru in giallo, a contrastare l’egemonia del Team Sky, a provarci con coraggio dove le porte sembrano chiuse. Quindi, al bando i trionfalismi perché c’è ancora mezzo Tour da correre. Però il sogno è vivo ed è il sogno di una nazione intera. A Fabio il compito di tenere alta la fiamma, con lo stesso ardore, per lui, per noi e per Michele Scarponi, la sua vera spinta in più in questi giorni di salite.