Quelle conquiste sociali che con grande fatica, nei decenni del secolo scorso, le donne sono riuscite ad ottenere, stanno lentamente svanendo. Prospettando un ritorno della donna in una condizione subalterna all’uomo.
Questo nonostante i passi in avanti compiuti a livello legislativo, come nel caso del femminicidio. Passi in avanti che purtroppo non sono stati fatti a livello culturale, perché la società italiana, e non solo quella italiana, rimane fortemente permeata da una cultura patriarcale e maschilista.
La battaglie da portare avanti sono ancora molte. E quello che si può vedere non è molto confortante, perché rispetto all’energia degli anni Settanta oggi la società appare molto meno aperta al cambiamento.
Del resto, subito dopo gli anni Settanta, che semplificando possiamo definire come anni di lotta e rivendicazione dei diritti, sono arrivati gli anni Ottanta, caratterizzati da un raggiungimento diffuso del benessere che ha avuto come effetto collaterale l’esplosione della superficialità in molti campi della società.
E tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta, con la diffusione delle televisioni private, la donna è stata gettata nel tritacarne mediatico, protagonista prima che per il suo intelletto, quasi sempre per il suo aspetto fisico.
E noi, oggi, siamo culturalmente figli più degli anni Ottanta che degli anni Settanta. Amiamo la superficialità, ricerchiamo l’apparire più dell’essere. I moderni social network hanno la loro parte di responsabilità nell’aumento di questa tendenza.
E nel far quindi, con la rincorsa all’apparire, prevalere la parte meno acculturata e maggiormente “primordiale” di noi. E senza cultura, senza progresso, la parità di genere diventa una pia illusione.