Ecco come le cooperative rastrellano il mercato immobiliare in cerca di stabili per l’accoglienza dei richiedenti asilo: «Immobili in affitto da 500 metri quadrati per ospitare fino a 70 persone. Qualsiasi tipo di destinazione, e in qualsiasi stato, per una cifra sulle 1500-2000 euro al mese, in uno dei Comuni ancora privi di centri di accoglienza».
La testimonianza di un’agente immobiliare di un Comune della provincia di Varese, che nei giorni scorsi ha ricevuto quella «telefonata di cui tra colleghi del settore gira voce», da parte di un rappresentante di una cooperativa che già opera nel campo dell’accoglienza dei “profughi” sul nostro territorio. Un’imprenditrice seria, che lavora da tanti anni in questo campo: preferisce l’anonimato, perché non ci tiene ad essere collegata a questo tipo di vicende, ma ritiene doveroso rendere pubblico quello che sta succedendo e che un po’ l’ha «sconvolta», per i termini con cui si sta affrontando il problema.
«Personalmente, per scelta deontologica, non sono interessata a questo tipo di affari, ma ho comunque voluto approfondire il discorso per una curiosità mia» ci racconta l’agente immobiliare. In fondo se l’aspettava prima o poi questa chiamata, visto che nel gruppo Facebook in cui è iscritta insieme ad altri 15mila colleghi operatori immobiliari di tutta Italia, queste richieste ormai sono all’ordine del giorno, in epoca di emergenza permanente per la “sistemazione” dei migranti che continuano a sbarcare sulle nostre coste.
«Si è presentata questa persona, che non conosco – prosegue il racconto – che mi ha chiesto 500 metri quadrati in affitto per ospitare fino a 70 persone. Un immobile con qualsiasi tipo di destinazione, anche ad uffici, albergo o residenziale. All’inizio si parlava di uno stabile in buono stato, poi però mi ha fatto capire che andavano bene anche immobili abbandonati, che chiaramente non possono essere in buono stato. Del resto ho sentito colleghi a cui hanno chiesto espressamente “capannoni fatiscenti”, di quelli dove non si ospitano nemmeno gli animali». Anche perché tra le condizioni poste dal rappresentante della cooperativa, il prezzo della transazione appariva tra quelle meno negoziabili: «Mi ha detto che per il pagamento poteva arrivare senza problemi sulle 1500-2000 euro al mese, mentre se la richiesta fosse più alta se ne poteva parlare».
Dove? «Mi ha girato l’elenco della Prefettura con i Comuni, almeno una sessantina, dove cercano. Mi parla di 70 persone e poi trovo dentro Crosio della Valle, piuttosto che Galliate Lombardo, Inarzo, Duno e Tronzano sul Lago Maggiore. Segno che stanno proprio rastrellando senza un progetto». Come direbbero ad altre latitudini, “do cojo cojo”. Ma i 1500-2000 euro di affitto sono un valore di mercato? «Dipende di cosa stiamo parlando, perché se affitto un trilocale normale posso chiedere 600 euro per 90 metri, ma quando mi chiedono 500 metri di stabile abbandonato, saltano tutti i parametri. Pensiamo a certe corti abbandonate che ormai “tirano dietro” a 500 euro al metro quadro perché nessuno riesce a venderle: se qualcuno con un po’ di pelo sullo stomaco riesce a piazzarne una così ha fatto l’affare dell’anno».
Ed è un problema per chi opera nel settore immobiliare: «Io a questo gioco non mi presto, ma dopo di me lo faranno altri – racconta la nostra “fonte” anonima – alla lunga è una politica che va a distruggere il mercato immobiliare. Perché se per affittare la villetta libera mi danno 1500 euro al mese per piazzarci dentro un gruppo di profughi, io teoricamente ho fatto il colpo della mia vita, ma gli altri 25 proprietari attorno hanno finito di vendere le loro case. Il che è profondamente ingiusto per chi magari si è impegnato in 30 anni di mutuo. Una prevaricazione senza senso, senza alcun preavviso, non da Paese civile».
Non si tratta di razzismo, per l’agente, ma di realismo: «Chi lavora nel mio settore sa bene che vicino a queste situazioni di accoglienza non si affitta e non si vende più. Il razzismo si genera così, perché una famiglia deve fare i conti con il suo mutuo e con le sue esigenze e non può essere messa in crisi perché qualcuno ha pensato di fare l’affarone sulle spalle della collettività».