«Vedevo la gente corrermi incontro, come un fiume. I bambini piangevano, gli adulti scappavano, scappavano con la faccia terrorizzata. Ho chiesto cosa stava succedendo. Un ragazzo in bicicletta mi ha detto: “È un attentato. Vai via da qui”». Barcellona, 17 agosto 2017, ore 17 su per giù. Lungo las Ramblas, un furgone si è appena scagliato sulla folla lasciando sulla sua scia morti e feriti. A parlare per noi è , giornalista luinese di 35 anni che dal gennaio dello scorso anno vive e lavora a Barcellona. Casa sua è proprio lì, a due passi dalla follia. Vive nel quartiere del Born, 700 metri sì e no da las Ramblas, la strada che chiunque sia passato anche per sbaglio da Barcellona ha percorso a piedi tra bancarelle, mimi, musicisti di strada e tutte le lingue del mondo.
Michel è uscito con la sua moto senza sapere cosa stava accadendo in quegli istanti. «Mentre si consumava l’attentato ero in casa, non ho sentito niente. Non sapevo nulla di quello che stava accadendo. Ho preso la moto, ho percorso la via Laietana e ho visto i Mossos che entravano in azione. E poi la gente. Gente che correva in preda al panico, gente che scappava ovunque. Cosa ho provato? Spavento, sì, ma più che altro che potesse succedere qualsiasi cosa da un momento all’altro. Che è anche peggio».
I vicoletti del Barrio Gotico che sputano gente in preda al panico, i posti di blocco a raffica lungo la Diagonal, le macchine della polizia a bloccare ogni via d’accesso al centro storico. E poi lei, Serena, la fidanzata italiana di Michel, «bloccata dentro la scuola di lingue nella quale insegna a poche decine di metri da Las Ramblas». Serena sta bene, Michel e la ragazza riescono a restare in contatto costantemente grazie al cellulare. Spavento, certo, e tanta tanta incertezza. «Più che altro nessuno diceva loro cosa fare, qualcuno è uscito lo stesso, altri paralizzati dalla paura sono rimasti barricati».
Barcellona. Città dei sogni per molti, città spensierata, città delle bizzarrie di Güell e della movida come solo i catalani sanno intenderla. Città magica. Città ferita. Città che, da ieri pomeriggio, piange e sanguina. La fiera del “senno di poi” è iniziata un secondo dopo l’attentato ma le risposte, quelle vere, probabilmente non arriveranno mai. Eppure, dice lucidamente Michel, «l’impressione che ho sempre avuto da quando vivo qui è che la situazione fosse sotto controllo, la percezione di sicurezza, seppure in una città mai militarizzata, c’era. Due o tre mezzi blindati fissi in plaza de Catalunya, gli agenti in borghese invisibili ma sempre presenti. Sicuri, ma sempre liberi». Libertà. Quel profumo che ossessiona e disturba i “signori” del terrore. Libertà. Quella che non avranno mai. Quella che no, non li farà mai vincere.