Quando la poesia si eleva nella notte delle stelle cadenti, le parole già potenti sublimano in un significato ancora più profondo.
Come può essere profondo il cielo, sopra le Fornaci di Cunardo, quando i poeti si riuniscono in un consesso antico e moderno allo stesso tempo, troppo breve per la bellezza che si assapora, eppure formato da istanti ognuno dei quali reca in sé il senso dell’eterno.
La Notte dei Poeti, alla sua ventinovesima edizione, andata in scena sabato 12 agosto alle Fornaci di Cunardo, con un’anteprima nel borgo dipinto di Arcumeggia, sopra Casalzuigno, è un’esperienza che conquista il cuore.
Per chi non solo vi assiste, ma vi è parte per la prima volta, è certo un evento destinato a perdurare.
La Notte dei Poeti, organizzata da Dino Azzalin, che la ideò quasi trent’anni fa insieme a Silvio Raffo, rappresenta uno di quei momenti che, in un’epoca profana, hanno la forza del sacro.
E sono in grado di trasmettere la sacralità della parole.
Merito delle combinazione di esperienze diverse, di storie differenti i cui percorsi si sono incrociati per dare vita a qualcosa di nuovo, di unico, ad una fiamma che brillerà illuminando l’oscurità e brucerà, fino a consumarsi, lasciando quindi la cenere.
E dalla cenere nascerà qualcosa di nuovo, o forse non nascerà, starà semplicemente a noi cercarlo.
Starà a noi ridare vigore alle fiamme della poesia che ardono per liberarsi ancora una volta, in un’altra occasione, per raggiungere ancora lo scopo.
Che non è fine a se stesso, non si chiude in una mera autocelebrazione, ma è celebrazione della vita, della forza vitale che le parole portano con sé e della necessità di usarle, soprattutto in un’epoca in cui si rischia di perdere il loro vero significato. Usarle sempre di più anche nella vita di tutti i giorni. La poesia è un evento eccezionale, che deve però essere continuo.