Se nei giorni scorsi ho chiesto alla comunità musulmana di Varese di rompere il suo silenzio e alzare pubblicamente una voce di condanna della strage di Barcellona, è perché sono convinto che la guerra al terrorismo si vince solo se ogni comunità locale si decide a fare i conti con la realtà. Varese infatti non è una città della luna: qui come in tutta Europa all’ombra dei campanili, ai margini dello shopping e della movida è cresciuta negli anni una comunità di fede musulmana che non può permettersi di stare in silenzio mentre in nome dell’islam vengono compiute continue stragi in Europa.
Né il suo portavoce Stabilini, incalzato dai giornali, può liquidare la questione dichiarando che i terroristi “non sono musulmani”.
Invece lo sono. Ed è proprio questo il motivo per cui occorre che, in mancanza di gerarchie religiose ufficiali, sia ogni singola comunità musulmana a condannare la violenza terroristica senza distinguo e reticenze.
Chiedevo solo parole di condanna e ho ricevuto da Stabilini solo una specie di sfida ad un pubblico dibattito tra me e lui che magari potremmo fissare per mezzogiorno davanti al saloon.
No grazie, quello che serve è altro.
Come negli anni di piombo il terrorismo è stato sconfitto anche grazie al popolo della sinistra che ha tolto ai brigatisti tutti gli spazi di consenso, allo stesso modo serve oggi che le comunità islamiche prendano atto che la violenza si legittima da un’interpretazione precisa di un libro preciso: il Corano.
Quello che chiedo ai miei concittadini islamici è come interpretano un libro dove non mancano i riferimenti ai cani infedeli da uccidere, all’umiliazione della donna e alla guerra santa. Cosa pensano della libertà e della democrazia, che concetto ne hanno.
Non mi interessa la teologia. Ma sapere se almeno condividiamo i valori della centralità della vita, dell’uguaglianza tra uomo e donna, della libertà d’espressione su cui si fonda la nostra civiltà, questo si, mi interessa.
*Consigliere comunale Lega Nord