– «Oggi è il giorno della verità. Giustizia per nostra madre». e , alla vigilia dell’udienza preliminare dove si deciderà se rinviare a giudizio il padre per l’omicidio della prima moglie (e madre della ragazze) oppure se il gup deciderà per il non luogo a procedere sposando la tesi del ne bis in idem che da sempre pesa sulla vicenda.
Piccolomo, il killer della mani mozzate già condannato all’ergastolo con sentenza definitiva per l’omicidio di , avvenuto a Cocquio Trevisago nel novembre 2009, aveva già patteggiato 14 anni fa una pena a un anno e 4 mesi per l’omicidio colposo della moglie: per gli inquirenti si trattò di un incidente stradale dall’esito drammatico. Oggi Piccolomo è indagato per l’omicidio volontario della prima moglie: ma una sentenza c’è già e il gup dovrà decidere in punta di diritto.
Cinzia e Tina, da sempre, sostengono che la madre fu assassinata da quello che le due ragazze non chiamano padre ma «il mostro di cui abbiamo sempre avuto paura». La svolta avvenne quattro anni fa. Tina, con la sorella, incontrò il sostituto procuratore generale di Milano all’Appello di Piccolomo. A lei le due ragazze confessarono la loro convinzione. Marisa, morta nel febbraio 2003 in uno stranissimo incidente avvenuto a Caravate (fu arsa viva mentre Piccolomo alla guida dell’auto uscì illeso): «l’aveva uccisa lui. Lei è stata meravigliosa: ha voluto andare sino in fondo. E adesso siamo alla chiusura delle indagini».
Tre anni fa il pg Manfredda ha riaperto le indagini chiuse, forse troppo frettolosamente con un patteggiamento a una pena di un anno e 4 mesi per omicidio colposo. Per l’accusa Piccolomo uccise la moglie. La drogò con un mix di farmaci non meglio identificato dai test tossicologici, fermò l’auto in un prato, sparse la benzina nella macchina e appiccò l’incendio restando a guardare la moglie che moriva. «Non dimenticherò mai quando ci raccontò di aver visto la pelle di mia madre staccarsi dal viso. È un incubo che continua a perseguitarmi». Oggi il Gup deciderà se accogliere la richiesta di rinvio a giudizio depositata dalla procura generale di Milano, oppure accogliere la tesi difensiva facendo valere il principio del ne bis in idem. «Noi chiediamo soltanto giustizia».