Max Di Caro più che un’impronta tecnica – non che questa sia mancata – ha saputo dare un’anima alla Varesina.
Non ha mai avuto, almeno fino ad ora, incarichi dirigenziali, ma la sua figura in campo e nello spogliatoio ha sempre avuto un peso particolare. Di storia, di immagine, di appartenenza a una realtà e di attaccamento a un progetto che molti hanno invidiato e continuano a invidiare.
La scelta di ritirarsi da calciatore per un problema agli occhi, pur giovanissimo (30 anni nel calcio sono ancora pochi), è da considerarsi una perdita di carisma per lo spogliatoio ma allo stesso tempo, come ci ricorda l’ex mister Spilli, un acquisto di prestigio per la formazione dirigenziale della Varesina.
Nel caso dovesse decidere, ora o in futuro, di sedersi dietro ad una scrivania, sarebbe un valore aggiunto, perché completerebbe il quadro di una società a gestione familiare, che negli anni è sempre cresciuta un passo alla volta. A proposito, dopo l’esonero di Radicchi la carica di direttore sportivo è ancora vacante, sia mai che voglia farci un pensiero già adesso…
Ora, non vogliamo tediare nessuno con la retorica della società modello, anche perché nel caso della Varesina non è necessario che i complimenti vengano ripetuti ancora, però buona parte del merito di questa piccola realtà che cresce va ascritto proprio a Massimiliano.
Che ha sempre visto il campo come una seconda casa, che ha sentito fin troppo sulla sua pelle i momenti di difficoltà, che ha dato tanto alla Varesina e che altrettanto ha ricevuto, portandola dalla Promozione alla Serie D in due stagioni, insieme ad altri senatori come Tino, Albizzati e Spilli.
Da parte nostra, non sono mai mancate le critiche e nemmeno i 4 in pagella quando servivano, ma ora è giusto togliersi il cappello e augurare buona fortuna a Massimiliano, con la speranza di ritrovarlo dietro ad una scrivania da dirigente della Varesina a sognare ancora qualche traguardo storico da raggiungere.