«Christian è a Chelyabinsk. Non ce lo lasciano nemmeno vedere per pochi minuti. Non sono riuscita nemmeno a dargli il regalo di Natale che ho portato per lui. Ho dovuto lasciarlo a una vicina». , la nonna paterna del piccolo , 5 anni, rapito dalla madre , hostess quarantaduenne di origine russa, lo scorso agosto a Varese non ha esitato un istante. Per mesi ha continuato a lanciare appelli: «Ditemi dov’è mio nipote. Fatemi avere un suo messaggio.
Fatemi almeno sapere se sta bene». E ha continuato a combattere: «Ridateci nostro nipote», ha ripetuto Ornella in ogni sede. Sui giornali ma anche e soprattutto nelle aule del tribunale dei minori di Torni: i magistrati lo scorso ottobre hanno affidato il piccolo definitivamente ai nonni paterni con i quali viveva a Mornago prima di essere rapito. Ma soprattutto, con accanto la Farnesina, l’Interpol e degli investigatori privati, non ha mai smesso di cercare il nipote “sparito” nel nulla dopo il rapimento: la madre in Italia è indagata per sottrazione di minore.
Il sospetto che la donna avesse portato il figlio in Russia era quasi una certezza: il piccolo è stato messo su un volo a Nizza diretto a Mosca. Ma quella era l’ultima traccia. Sino a una manciata di ore fa: Cristian è a Chelyabinsk, città natale della madre, e lì vive con la donna e i nonni materni. C’è voluto un secondo a decidere: «vado da lui». E così Ornella ha fatto. «Per due giorni ho atteso davanti a quel casermone popolare anni 50 che la madre mi facesse vedere mio nipote per pochi minuti», racconta Ornella che è ancora in Russia (rientrerà oggi). Ha atteso nel gelo sino a quando la madre di Elena non è tornata a casa facendo schiudere la porta che «Elena non ha mai voluto aprire rifiutandosi di farmi anche soltanto salutare Cristian» e schiudendo anche soltanto la piccola speranza di poter «almeno consegnare il regalo di Natale che ho portato per lui». Speranza infranta immediatamente: i nonni materni hanno aggredito sia Ornella che i giornalisti (sia russi che italiani Ornella è affiancata da una troupe de Le Iene) che attendevano di capire l’evolversi della vicenda. «Un’aggressività assurda. A uno dei giornalisti hanno quasi spaccato il telefonino con cui stava riprendendo delle immagini» e quella macchina telecomandata scelta dai nonni per Cristian con tanto amore è stata consegnata a una vicina nella speranza che arrivi al piccolo. «Non volevo portare via con me mio nipote – dice Ornella – non posso farlo prima che anche il tribunale russo abbia terminato di vagliare tutta la documentazione. Volevo soltanto vederlo, essere certa che stia bene, abbracciarlo e salutarlo. Dirgli che pensiamo sempre a lui e che lo amiamo. Sarei entrata in casa sola per pochi minuti: loro erano in tre o quattro. Cosa avrei potuto fare? Perché negarmi anche questo». Cristian, nonna Ornella l’ha intravisto per una frazione di secondo: è corso verso la porta attirato dal vociare, urlando «nonna, nonna» ma rimanendo «come un omino di gesso, quasi terrorizzato, da tutta quella gente. Dalle urla. E mi si è spezzato il cuore. Ero lì soltanto per abbracciarlo un istante e l’ho visto così, senza neanche avergli potuto dire quanto gli vogliamo bene».