Reggio Emilia è come la lettera di De André: vera di notte e falsa di giorno. Vera nelle ambizioni e in un roster che le vale tutte, falsa in una classifica che fra qualche mese sarà forse profondamente diversa da quella che oggi vede gli emiliani in piena seconda fascia.
Per trovare la verità conviene partire dal recente passato, come fa: «Il primo pensiero è che ci troveremo davanti a una squadra reduce da due finali scudetto e da un quarto di finale. Una squadra che ha ancora lo stesso allenatore che ha raggiunto questi brillanti risultati e anche qualche giocatore protagonista degli stessi. Non dimentichiamocelo. Reggio ha un suo perché, ha una sua solidità e diversi punti fermi, tutte cose che hanno fatto sì che dopo un inizio di stagione difficile, dovuto anche a cambiamenti e infortuni, sia ripartita. E per capire la sua forza basta guardare il roster».
Guardiamolo: «Hanno Della Valle, giocatore di grande talento, ottimo attaccante. Poi Markoishvili, elemento di qualità che ha fatto bene anche in Eurolega nella sua carriera. E se parliamo di qualità non possiamo non citare White, che magari oggi non ha più l’atletismo dei tempi ma rimane sempre un giocatore di prima fascia. Poi Julian Write e Reynolds: quest’ultimo è cresciuto molto rispetto allo scorso anno, ha fatto passi avanti dal punto di vista tecnico e nelle ultime partite della Grissin Bon è stato il miglior realizzatore. E infine Llompard, atleta solido e pieno di esperienza, capace di dare i giusti ritmi alla squadra e di aiutarla a crescere ulteriormente».
Insomma, l’elenco è lungo e il primo indizio di bugia è proprio questo: «La classifica di Reggio è bugiarda, è una formazione individualmente molto forte. E ho grande considerazione e rispetto anche per il loro allenatore. Di Max Menetti mi ricordo quando ha iniziato: io ero a Rimini in A2 e lui appena arrivato a Reggio. Per gli emiliani si trattava di un anno travagliato, avevano cambiato quattro allenatori. Lui subentrò a Frates: vennero a Rimini, persero e sembravano spacciati, poi vinsero le ultime due e si salvarono: da lì iniziò la carriera di Menetti e la risalita di Reggio, diventato un club di blasone per il basket italiano. D’altronde due finali scudetto non si fanno per caso: nello sport si parla di progettazione spesso a vanvera, mentre Reggio, come poche altre realtà, ha parlato con i fatti».
Tanta stima e considerazione si traducono in un segnale di pericolo. Per sperare al PalaBigi servirà una grande prestazione: «Avremo bisogno di un impatto fisico e atletico importante: loro in ogni ruolo sono fisicamente superiori a noi e potranno crearci dei problemi. Per questo ci vorranno alcuni accorgimenti, come quello di non lasciare Hollis e Ferrero da soli contro White. Dovremo difendere di squadra ed essere pronti a fare una partita valida agonisticamente e mentalmente. Sarà inoltre necessario leggere le loro situazioni difensive, perché con i cambi sono bravi a farti perdere il ritmo». E infine servirà soprattutto una cosa: «Si può fare tanta filosofia, ma conterà soprattutto buttarla dentro. Le percentuali devono crescere ancora, così come le prestazioni individuali: ogni domenica vedo dei miglioramenti e spero che arrivino presto anche questi».