Il linguaggio della poesia può essere lo stesso della filosofia, dell’esoterica e della mistica? Se lo domanda il poeta e scrittore varesino in Prefazione a “Ephémera”, il primo libro di poesie di () pubblicato da Macchione, che sarà presentato alla Piccola Fenice di Masnago mercoledì alle 21 (via Caracciolo, 36).
Secondo Raffo, di fronte alle poesie di Edith Sarah Levi, si ha l’impressione che i registri poetico e filosofico possano non solo convivere, ma addirittura fondersi. «Qui però il discorso non ha tesi alcuna da dimostrare né necessita di persuasione argomentativa o “religiosa” – sottolinea – Si tratta piuttosto, come del resto suggerisce il titolo della raccolta, di frammenti di percezione sensoriale ed extrasensoriale il cui unico fine è trovare forma estetica autonoma e convincente. L’intento raggiunge il suo scopo. I momenti di aisthesis hanno una loro intensità vibrante, mai gratuita o casuale, e vengono a comporre un mosaico armonioso in sé conchiuso che ha la nitidezza di un arazzo e la sapienza di un vangelo-viatico esemplare».
“Redivivi per caso”, “Io resto con l’autunno” e “I guardiani del mondo” sono i tre significativi titoli delle sezioni che testimoniano un cammino di purificazione dalla sofferenza, vissuta con resilienza e coraggio (“Sono il guerriero/fragile e solitario/che non conosce realtà.”).
Il percorso esistenziale di Edith Sarah Levi, rivela il resto di Raffo «risalta in questi versi come un calvario di redenzione dalle opache ingannevoli lusinghe del contingente ad una sorta di vestitura catartica operata dal trascendente. Così accade che nella notte insonne irrompe il vulcano che scuote i sogni, e ci sveglia alla vita”. Nel 1990, il grande intellettuale ormai scomparso, Mario Spinella, valutando i suoi versi, espresse il suo parere molto positivo e la invitò
a continuare: «Vede, la poesia sta dentro un binario. Oggi molte persone scrivono fuori da questo binario, lei no… lei ha stile, vada avanti. Non si offenda se le dico che la sua poesia è più maschile, per me è un pregio… lei mi ricorda il primo Ungaretti». Attraverso la trama e la “fiaba delle parole”, il “minuscolo frammento” viene infatti alla luce, nel suo significato universale e metafisico, portavoce di un messaggio esistenziale. Questa lieve illuminazione, appunto “effimera”, questa “erranza” si fa “mirabile maestra” e insegna – nel senso etimologico dell’indicare – la strada che riconduce al “Regno dell’Uno”.