Il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, nel corso della conferenza dell’ONU sugli oceani che si è conclusa venerdì 1 luglio a Lisbona, ha dichiarato che i nostri mari sono in uno stato di emergenza: «Purtroppo, abbiamo dato per scontato il tema della protezione degli oceani e oggi affrontiamo quello che chiamerei proprio un oceano di emergenza». «Dobbiamo invertire la rotta» ha continuato, esortando i governi a impegnarsi maggiormente per proteggere e ripristinare la salute di questi preziosi ecosistemi.
Stando ai dati, quasi l’80% delle acque reflue a livello globale viene scaricato in mare senza ricevere alcun trattamento e almeno 8 milioni di tonnellate di plastica finiscono negli oceani ogni anno. Leggendo il rapporto sul clima globale dell’Organizzazione meteorologica mondiale, inoltre, nel 2021 il riscaldamento delle acque e la loro acidificazione hanno raggiunto livelli che non si erano mai registrati dal 1955, anno in cui hanno preso il via le rilevazioni (per non parlare del caldo e della siccità di questi mesi, che ha innalzato la temperatura della superficie marina di circa 4-5 gradi rispetto alla media del periodo 1985-2005, con picchi superiori a 23 gradi).
Questo, ovviamente, da una parte conduce verso drastici cambiamenti della biodiversità marina, dalla scomparsa delle specie più sensibili (le popolazioni di razze e squali sono diminuite del 70% in 50 anni) all’invasione di altre che meglio si adattano a una temperatura sempre più alta; dall’altra, considerando che gli oceani assorbono il calore in eccesso generato dai gas serra, il riscaldamento ha anche un impatto notevole su ciò che accade nell’atmosfera, poiché si verificheranno sempre più spesso fenomeni meteorologici violenti, che metteranno a rischio il territorio.
Per questi motivi, oltre a limitare i sussidi alla pesca dannosi, è necessario che tutti i governi cerchino in tutti i modi di incrementare le conoscenze scientifiche e tecnologiche. A tal fine, il segretario generale dell’ONU ha chiesto che venga mappato l’80% dei fondali marini entro il 2030 per poter conservare e “utilizzare” il mare in modo sostenibile.