Bruxelles, 2 set. (Ap-Apcom) – Germania, Francia e Regno Unito rilanciano in modo sostanziale per la ricapitalizzazione del Fondo Monetario Internazionale, con una promessa di esborso che fa passare il contributo dell’Unione Europea da 75 a 125 miliardi di euro, in dollari da 100 a 175 miliardi. L’annuncio è scaturito dal vertice Ecofin dei ministri finanziari a Bruxelles e va inquadrato nella decisione del vertice G20 di Londra che ad aprile aveva stabilito un ruolo centrale dell’istituzione di Bretton Woods nella gestione della crisi internazionale decidendone il rafforzamento per poter finanziare più efficacemente i Paesi in difficoltà. Ma l’Italia, che come la Spagna e i Paesi Bassi oggi non ha annunciato alcun contributo addizionale, rischia di dover pagare più degli altri tre grandi Paesi dell’Unione il riequilibrio del potere di voto nell’istituzione di Bretton Woods nell’annunciata redistribuzione a favore dei Paesi emergenti.
Fino a oggi i Paesi del G20, inclusi gli Stati Uniti e la Cina, avevano impegnato 411,5 miliardi di dollari a favore del nuovo strumento di finanziamento del Fmi. E oggi la Germania, la Francia e la Gran Bretagna, ma non l’Italia, hanno detto che cercheranno di colmare la differenza rispetto ai 500 miliardi di ricapitalizzazione fissati dal vertice di Londra. Nel dettaglio la Germania ora promette 25,03 miliardi di euro (35,95 miliardi di dollari), la Francia 18,45 miliardi (26,5 miliardi di dollari) e mentre la Gran Bretagna porterà il suo impegno da 11 a 26 miliardi di dollari.
Il discorso dei contributi è strettamente collegato a quello della rappresentanza dei singoli Paesi nell’istituzione. Sia il ministro delle Finanze Peer Steinbrueck sia la sua collega francese Christine Lagarde lo hanno prospettato in questo senso al vertice di Bruxelles in un contesto nel quale i Paesi europei dovrebbero cedere parte del loro peso nel Fondo a favore dei Paesi emergenti come Brasile, Cina e India. In questo scenario si fa più difficile la posizione dell’Italia, l’unico membro europeo del G7 a non aver annunciato un “rilancio” del proprio contributo, che rischia di dover cedere più peso decisionale nell’istituzione rispetto agli altri tre Paesi.
I 27 paesi dell’U detengono seggi separati nel Fmi e possono votare autonomamente. Insieme raggruppano attualmente una quota del 32% dei voti dell’istituzione e finora si sono opposti ad avere un seggio unico come, ad esempio gli Usa. Oltre all’Italia rischiano di perdere peso anche la Spagna e i Paesi Bassi.
BOL
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