Covid, il prof. Cosentino: “Basta allarmismi ingiustificati”

Il direttore del Centro di Ricerca in Farmacologia Medica dell'Università dell'Insubria: "Basta terrorismo psicologico. Si investa nella sanità pubblica: con il personale sanitario e i posti letto di qualche decina di anni fa non ci sarebbe stata alcuna crisi"

L’aumento di contagi in Cina e la psicosi che sembra essersi innescata negli ultimi giorni dell’anno in Europa, con tanto di tamponi obbligatori disposti da alcuni stati (Italia in testa) per i passeggeri in arrivo dall’estremo Oriente, ha riaperto il dibattito sull’approccio da seguire per limitare i rischi da contagio. Ha senso alzare il livello di attenzione? Ne parliamo con il professor Marco Cosentino, direttore del Centro di Ricerca in Farmacologia Medica dell’Università dell’Insubria.

Professore, dobbiamo temere l’arrivo di una nuova ondata dalla Cina?

“Credo che un po’ tutti siamo disorientati di fronte alle informazioni contraddittorie che si accavallano da diverse fonti. Le notizie più recenti (https://www.ft.com/content/e9d2c4ee-5f41-458f-9980-77a27f3bd093) sembrano per il momento escludere nuove varianti, mentre le piattaforme web segnalano forse una risalita dei contagi ma non dei decessi (https://www.worldometers.info/coronavirus/country/china/). Nel frattempo, alcuni paesi si affrettano a imporre restrizioni sui voli aerei dalla Cina (https://www.euronews.com/travel/2022/12/30/china-resumes-international-travel-which-countries-are-introducing-new-covid-restrictions) mentre molti altri non ritengono di farlo. Notevole ad esempio l’agenzia statale finlandese per la salute pubblica, che 

esclude limitazioni degli ingressi dalla Cina sostenendo l’inefficacia dei divieti di ingresso. Un esperto finlandese di malattie infettive avrebbe dichiarato che la limitazione degli ingressi è una misura inefficace e che il numero di contagi nel mondo non rischia di aumentare in quanto Europa, Stati Uniti e resto dell’Asia hanno un tasso di contagio paragonabile a quello cinese (https://yle.fi/a/74-20010701). Penso che la situazione vada seguita senza tuttavia cadere preda di allarmismi non giustificati. A margine, credo utile puntualizzare che non hanno fondamento scientifico e clinico le affermazioni di coloro che vorrebbero insinuare – quale spiegazione di una eventuale recrudescenza di COVID-19 in Cina – una diversa efficacia dei vaccini COVID-19 cinesi rispetto a quelli in uso nei paesi occidentali, dato che le migliori evidenze indicano invece livelli di efficacia del tutto paragonabili. Vero che parliamo sempre di un’efficacia limitata, per durata e per intensità, che rende insensata la scelta di orientare le strategie di gestione del COVID-19 sostanzialmente solo sulla prevenzione vaccinale, oltre tutto con vaccini studiati poco e male (https://www.mdpi.com/1422-0067/23/18/10881#B45-ijms-23-10881). Tanto più che i dati ci dicono che i vaccini COVID-19 impiegati in occidente non hanno effetto apprezzabile sulla trasmissione del contagio, e non c’è motivo di non ritenere che i prodotti cinesi abbiano precisamente il medesimo profilo”.

Se ci fosse una nuova ondata con una variante sconosciuta e più aggressiva delle precedenti, Lei cosa farebbe?

“Non credo sia utile porsi quesiti del genere, specie se sottintendono un pericolo indefinito e quindi già solo per questo irrazionalmente inquietante e incontrollabile. Mi preoccupa invece che dopo quasi tre anni di crisi non si colga alcun segnale di inversione delle politiche di depotenziamento della sanità pubblica. Persone con specifica esperienza nel settore sociosanitario e epidemiologico sostengono che con il personale sanitario e i posti letto di qualche decina di anni fa non ci sarebbe stata alcuna crisi, un punto di vista che trovo alquanto convincente. Al contrario, le scelte politiche, che nel recente passato hanno addirittura portato alla sospensione di fondamentali diritti costituzionalmente garantiti, continuano a rimanere discutibili. Invito tutti coloro che volessero approfondire questi temi a leggere i documenti e i comunicati della Commissione Medico-Scientifica indipendente (https://cmsindipendente.it/) che da sempre sollecita un tavolo di confronto scientifico, pubblico e istituzionale sui temi legati alla pandemia e alla salvaguardia della salute individuale e collettiva”.

Ha senso, secondo lei, imporre i tamponi a chiunque arrivi dalla Cina, in modo da arginare la propagazione del virus?

“I tamponi sono uno strumento diagnostico utile a condizione che venga impiegato correttamente. Ad esempio, forniscono valide informazioni se usati per corroborare un sospetto di diagnosi in una persona con segni e sintomi indicativi. Al contrario, sono spesso fuorvianti se impiegati a scopo di screening su numeri elevati di individui in apparenza sani. Tanto più se sulla base di questi risultati, di per sé poco e nulla attendibili, si incardinano provvedimenti e strumenti vincolanti e lesivi delle libertà individuali, come i lasciapassare sanitari. Non ripeteremo mai abbastanza che quei lasciapassare, oltre tutto graziosamente concessi per mesi e mesi sulla base di una vaccinazione non in grado di bloccare i contagi, sono stati per i non vaccinati uno strumento liberticida e per i vaccinati, esentati dall’obbligo di tampone, un probabile veicolo di maggiore diffusione del contagio. In generale, se da un lato i modelli matematici che si impiegano per quantificare la predittività dei tamponi sono alquanto complessi, dall’altro lato le regole interpretative sono abbastanza semplici: un esito negativo è quasi sempre corretto, mentre uno positivo è tanto più probabilmente corretto quanto più è probabile che la persona che vi si è sottoposta sia davvero contagiata. Così una positività in un sintomatico è probabilmente vera, sebbene non proprio in assoluto, mentre in assenza di sintomi va quanto meno riverificata.

Fatta questa premessa, continuo a ritenere che – in situazioni di elevata circolazione del virus – un accesso facilitato e frequente a tamponi antigenici, tanto più di facile esecuzione come i salivari, sia la miglior misura preventiva per ambienti ad alto rischio di contagio. In un contesto del genere, i controlli aeroportuali hanno probabilmente senso alla partenza, molto meno all’arrivo. Così la pensano ad esempio i finlandesi che menzionavamo prima.

Infine, riguardo ai tamponi in generale, auguriamoci di aver imparato dagli errori della gestione passata, in particolare per quanto riguarda i tamponi molecolari, la cui analisi e interpretazione è soggetta ad enorme arbitrio. Teniamo presente che ancora oggi esistono laboratori che considerano positivi tamponi che contengono tracce frammentarie e del tutto aspecifiche. Spero non dovremo mai più ritornare sul tema dei cicli soglia e del superamento dei limiti analitici. I test diagnostici vanno impiegati e interpretati entro i limiti di correttezza e razionalità. E’ una banalità sottolinearlo eppure troppe volte anche nel recente passato un principio così elementare è parso disatteso”.