Venezia, 9 set. (APCom) – Nel giorno in cui tutta l’attenzione mediatica è per “Il grande sogno” di Michele Placido, in concorso è arrivato “Women without Men”, bella opera prima di Shirin Neshat. Le donne del titolo sono quattro figure femminili nel 1953, a Teheran, anno cruciale per il colpo di stato appoggiato dagli inglesi che depose il primo ministro Mossadegh, per restaurare lo Shah al potere.
In questo clima, tra dimostrazioni di piazza e preghiere nelle Moschee, le quattro donne si ritrovano in una grande villa, in fuga dal loro mondo famigliare e sociale claustrofobico. Fakri, borghese moglie infelice, Zarin, prostituta che odia gli uomini, Munis, trentenne costretta dalle convenzioni mentre vorrebbe fare attività politica, Faezeh, stuprata per la strada. Si rifugeranno nella vitta di Fakri, dal grande giardino, ritrovando una momentanea felicità, prima che il mondo- e i soldati- irrompano in quel giardino distruggendo la loro serenità, in parallelo con il tragico corso che prende la storia del Paese.
“Women Without Men”- dice la regista Shrini Neshat- descrive un momento fondamentale della storia iraniana, quando le speranze di una nazione vennero soffocata. Ma i fatti di questi giorni, le proteste soffocate dalla brutale repressione, dimostrano che la lotta è viva e vegeta, malgrado la Rivoluzione Islamica. Posso solo sperare- aggiunge la Neshat, classe 1957, celebre artista video al suo primo lungometraggio- che il film offra un piccolo contributo alla racconto della storia contemporanea dell’Iran, ricordandoci la voce di una nazione che fu messa a tacere nel 1953 da poteri interni ed esterni, e che è tornata a levarsi oggi con un tono assordante”.
Malgrado il forte afflato politico, “Women without men” non sceglie un tono realistico, per raccontare le storie e i tabù infranti nelle vite di queste quattro donne. Anzi, spesso è la visionarietà della regista ad avere il sopravvento, trasformando in poesia anche la cruda realtà di un suicidio.
La storia invece è tratta da un romanzo molto conosciuto in Iran, quello di Sharnush Parsipur, romanzo di denuncia sulla condizione della donna iraniana che costò all’autrice anche la messa al bando dal Paese,
tanto che oggi vive in California. La ritroviamo anche in un cameo nel film, nel ruolo della tenutaria del postribolo nel quale vediamo lavorare la prostituta Zarin. Il film è stato girato a Casablanca, in Marocco, “che somiglia meravigliosamente alla Teheran degli anni 50”, spiega la regista, che aggiunge: “Il tema del film e alcune scene di nudo, seppur molto casto, temo renderanno impossibile la distribuzione in Iran. Quindi non conosceremo mai la reazione del pubblico iraniano.
Mma
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