Erminio Diodato, imprenditore sessantaduenne, ha vissuto un’esperienza devastante: 127 giorni in carcere e altri sessantaquattro ai domiciliari, per un crimine che non ha mai commesso. Arrestato nel luglio del 2020 con l’accusa di traffico di droga, si è visto privato della libertà e della sua azienda, sospettato ingiustamente di essere coinvolto in attività criminali.
Tuttavia, la giustizia ha finalmente fatto luce sulla sua innocenza. La quinta sezione penale della corte d’appello ha accolto la domanda di risarcimento presentata dal suo avvocato, Concetto Daniele Galati, concedendo a Diodato 60.000 euro per l’ingiusta detenzione subita.
Le accuse si sono rivelate infondate: il magazzino dell’imprenditore non era affatto un laboratorio per la raffinazione della cocaina, come sostenuto dalle autorità. Nonostante le sue spiegazioni e la confessione del co-indagato albanese, la procura non aveva esitato a incarcerarlo. Solo nel 2021, il giudice lo ha assolto con formula piena, riconoscendo la sua innocenza. Infatti, per quanto gli inquirenti faticassero a crederci, il co-imputato albanese aveva nascosto armi e droga nella ditta di manutenzione di componenti aeronautici senza che il titolare ne fosse a conoscenza.
Ma il danno era stato già fatto: Diodato ha perso la sua attività e ha dovuto affrontare l’umiliante esperienza della prigione, nonostante una vita precedente senza alcun coinvolgimento criminale. La perdita del lavoro è stata aggravata dalla revoca della licenza da parte dell’Enac, determinata dall’eco mediatica della vicenda.
Ora, con il risarcimento ottenuto, Diodato potrà forse ricominciare. Benché i 60.000 euro possano apparire un aiuto, il suo avvocato aveva richiesto un risarcimento dieci volte superiore. Resta da vedere se l’imprenditore deciderà di perseguire un ristoro più sostanzioso.