Varese – Nell’ultimo sviluppo del processo contro il titolare di un negozio di animali, il pubblico ministero ha depositato una vasta gamma di documenti, tra cui certificati medico-veterinari, passaporti dei cuccioli e verbali di perquisizioni. Questa mossa è stata necessaria dopo che, nella precedente udienza, la lista dei testi dell’accusa non è stata ammessa per un’irregolarità procedurale.
Il processo, che inizierà a febbraio del 2025, vede la parte civile rappresentata da un individuo assistito dall’avvocato Elisa Scarpino, mentre l’imputato sarà sottoposto all’esame. Il suo difensore ha depositato anche una consulenza medico-legale veterinaria. Le accuse derivano da un’indagine condotta dai carabinieri del Nucleo investigativo di polizia ambientale, agroalimentare e forestale di Varese nel 2020, che ha puntato i riflettori su cuccioli provenienti dall’Europa dell’est e venduti nei negozi gestiti dal 57enne varesino.
Secondo l’accusa, questi cuccioli, di varie razze, erano privi di microchip per l’identificazione individuale e delle necessarie certificazioni sanitarie. Inoltre, la loro età reale sarebbe stata inferiore a quella riportata sui documenti ufficiali, che impedirebbe il trasporto degli animali. I carabinieri, insieme ai veterinari di Ats Insubria, hanno trovato e sequestrato ingenti quantitativi di flagyl-metronidazolo, un farmaco a uso umano vietato per gli animali. Da qui le accuse di esercizio abusivo della professione di veterinario, maltrattamento di animali, frode nel commercio, e traffico illecito di animali da compagnia.
L’accusa sostiene che il commerciante consegnava ai clienti cuccioli di provenienza e qualità diverse da quella dichiarata e pattuita, con un’età inferiore a quella indicata nei documenti e condizioni di salute precarie. Alcuni cuccioli sono morti poco dopo l’acquisto a causa di avvelenamento da farmaci o parvovirus, a seguito di trattamenti farmacologici “impropri con dosaggi errati e pericolosi per la salute”.