L’ombra del suicidio si allunga sempre di più secondo quanto rivelato da Lara Ferrari, direttrice del Dipartimento Salute Mentale e Dipendenze di Asst Valle Olona. Dopo l’era Covid, l’Italia ha registrato un significativo aumento del 20% nei casi di suicidio, con particolare preoccupazione per i giovani. La pandemia ha esacerbato il senso di isolamento e depressione, portando molti adolescenti ad atti estremi.
Prima della pandemia, l’Italia registrava circa 4.000 suicidi all’anno, ma ora la situazione è peggiorata significativamente, afferma Ferrari. La raccolta dei dati, sebbene complessa, evidenzia una tendenza preoccupante che riflette un cambiamento socio-psicologico profondo. Secondo Ferrari, la popolazione giovane è sotto osservazione speciale, con adolescenti tra i 14 e i 24 anni, in particolare i 16-17enni, che rappresentano una quota significativa nei Pronto Soccorso e nei centri psicosociali, spesso per tentativi di suicidio con farmaci o ferite autoinflitte.
Ferrari evidenzia l’importanza cruciale di individuare segnali precoci e di affrontare con decisione lo stigma e le barriere culturali che possono ostacolare l’accesso ai servizi di supporto. La situazione richiede un impegno collettivo per educare e sensibilizzare su queste problematiche, oltre che per fornire risorse adeguate per prevenire futuri episodi tragici.
Il senso di isolamento, aggravato dalle chiusure dovute al Covid, abbia giocato un ruolo cruciale nell’incremento dei casi. I giovani si devono confrontare con una miriade di sfide: dal body shaming all’esposizione sui social media, oltre a dipendenze da sostanze e alcol. Questi fattori alimentano la sintomatologia depressiva e favoriscono l’impulsività, spiega la direttrice.
Il suicidio non è mai un atto impulsivo isolato, ma spesso il culmine di una sofferenza silente. “Ci sono sempre segnali premonitori: cambiamenti improvvisi di comportamento, perdita di interesse per attività solite, espressioni di disperazione nei messaggi. Questi sono alcuni dei campanelli d’allarme”.
Ferrari invita tutti a diventare “sentinelle” attente nella propria cerchia sociale. “Troppo spesso ignoriamo i segnali, credendo che qualcun altro si occuperà della situazione”, osserva. “Ma spesso la differenza tra la vita e la morte può essere un gesto di attenzione, un’offerta di ascolto. Dobbiamo essere pronti a intervenire, perché il suicidio è una tragedia che possiamo e dobbiamo prevenire”.
In conclusione, il dibattito sulla salute mentale giovanile si impone come una priorità urgente nella società post-pandemia, invitando tutti a unirsi nell’effort di proteggere e sostenere le generazioni future.