Napoli, 14 feb. (Apcom) – False gare d’appalto a cui
partecipavano, a loro insaputa, anche ditte concorrenti che
ovviamente non avrebbero mai vinto. È stato scoperto anche questo
nel corso dell’inchiesta, condotta dalla Procura della Repubblica
di Napoli su un giro di tangenti che vede coinvolta l’Asl 1. Una
indagine che questa mattina ha portato a nove ordinanze di
custodia cautelare, di cui cinque in carcere e quattro agli
arresti domiciliari.
I provvedimenti sono stati eseguiti dai finanzieri del Comando
provinciale di Napoli e hanno raggiunto funzionari e imprenditori
partenopei. I reati contestati vanno dall’associazione per
delinquere alla turbativa d’asta al falso in atto pubblico, alla
corruzione per atti, alla truffa aggravata fino all’abuso
d’ufficio e al riciclaggio. Le indagini hanno consentito di
individuare “illeciti rapporti esistenti tra imprenditori e
funzionari pubblici finalizzati a condizionare le gare d’appalto”
indette dal servizi tecnico dell’Asl Napoli 1 per
l’aggiudicazione dei lavori di ristrutturazione e manutenzione
delle strutture ospedaliere.
L’inchiesta costituisce un prosieguo di quella che il 19
dicembre 2007 portò, tra la Campania e Roma, a 13 ordinanze di
custodia cautelare coinvolgendo dipendenti del Comune di Napoli,
del consiglio regionale della Campania e imprenditori. Tra questi
Vincenzo Cotugno che compare anche nell’indagine odierna.
L’amministratore della ‘Fire Controll’, società che gestiva gli
impianti antincendio ed effettuava la manutenzione degli
estintori di tutte le strutture ospedaliere e dei presidi
sanitari dell’Asl Napoli 1, aveva ceduto una barca del valore di
400mila euro a Claudio Ragosta, responsabile del servizio tecnico
manutentivo dell’Asl. L’imprenditore, secondo quanto accertato
dagli inquirenti, si era limitato ad esigere da Ragosta, da oggi
costretto ai domiciliari, solo il prezzo di riscatto del leasing
per 100mila euro, ben al di sotto del valore di mercato.
A far scattare i controlli delle Forze dell’ordine,
nell’indagine della Procura partenopea, fu un esposto-denuncia
fatto da un architetto al quale fu fatto intendere che non gli
sarebbe stato affidato l’incarico della ristrutturazione di una
casa di cura di Napoli, a causa delle pressioni esercitate sul
committente dei lavori da alcuni funzionari dell’Asl, tra cui
proprio l’ingegnere Claudio Ragosta.
Secondo il procuratore capo di Napoli Giandomenico Lepore la
spartizione degli appalti, dietro versamento di tangenti,
avveniva in “sconcertanti condizioni di illegalità” portando
avanti una “miserevole spartizione” tra diversi funzionari e
dirigenti delle rispettive sfere di influenza. Un contesto di
illegalità in cui non veniva riservata “nessuna attenzione
all’efficenza del modello organizzativo” dando vita ad una
“situazione caotica e di vera e propria anarchia amministrativa
che costituiva la base per giustificare vere e proprie condotte
delinquenziali”.
Molto spesso gli appalti venivano aggiudicati
senza procedere alla stipula dei relati contratti e ricorrendo
frequentemente alla procedura per lavori di ‘somma urgenza’ con
l’unico scopo di affidare le commesse agli imprenditori amici
realizzando, nel migliore dei casi, forme di pubblicità solo
virtuali. In molti casi si è riscontrato che era lo stesso
imprenditore che poi risultava aggiudicatario dell’appalto a
predisporre e presentare anche i preventivi e le offerte a nome
di altre ditte completamente ignare allo scopo di simulare la
partecipazione di più concorrenti.
Psc/Sar
MAZ
© riproduzione riservata