MILANO – C’erano anche “improvvisati ‘attori’, nel ruolo di operai” nei cantieri gestiti dai due imprenditori, vicini ad un clan mafioso, arrestati stamani nell’inchiesta della Dda di Milano. “Mo’ li faccio sporcare un poco… appena arriviamo là, prendo un po’ di fango della galleria e glielo comincio a tirare addosso”, diceva, intercettato, Giovanni Bontempo, finito in carcere, dato che era “possibile un controllo del sindaco”, nel luglio del 2023, su un cantiere ad Induno Olona.
L’episodio emerge dagli atti dell’inchiesta, coordinata dal pm Silvia Bonardi e condotta dalla Dia e dal Gico della Gdf. Formalmente la società di Bontempo, la Infrastrutture M&B, aveva solo “36 dipendenti”, ma lavorava in appalti, anche pubblici, in tutta Italia. Così Bontempo diceva, intercettato, che avrebbe portato sul cantiere di Induno suo “nipote” vestito “da lavoro”, perché non poteva far vedere al sindaco che “c’era un solo operaio”. Poi arrivò anche con un secondo “figurante”. E spiegava: “gli metto due giubbotti arancioni là e li metto tipo a lavorare”. E uno al telefono rispondeva: “basta che non ha le scarpe pulite, bianche”. Bontempo: “le faccio sporcare un po’”. Diversi gli episodi di “simulazione” sui cantieri raccolti nell’inchiesta.
Contigui a Cosa Nostra, due imprenditori arrestati a Milano
Operavano attraverso società edilizie con sede nel capoluogo
Due imprenditori sono stati arrestati per “contiguità con un clan di Cosa Nostra” dopo un’indagine della Dia di Milano che ha portato all’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip di Milano su richiesta della Dda. I due “attraverso società principalmente operanti nel settore edilizio a Milano” avrebbero “consentito l’operatività di realtà imprenditoriali riconducibili a Cosa Nostra e ciò con specifico riferimento al sodalizio mafioso dei barcellonesi, operante nella provincia di Messina”. Sequestrati beni per 5 milioni di euro e perquisizioni tra Roma, Catania, Messina, Firenze, Napoli, Catanzaro.
“In particolare – riporta la Dia in una nota – i destinatari della misura restrittiva, già colpiti in passato da misure di prevenzione patrimoniali sarebbero responsabili, in concorso con altri soggetti, di condotte fraudolente finalizzate all’intestazione fittizia di diverse società aggiudicatarie di appalti pubblici, sull’intero territorio nazionale, alcuni dei quali di ingente importo e/o finanziati con fondi del Pnrr, senza incorrere nelle misure interdittive delle autorità prefettizie. Una volta ottenuta l’aggiudicazione delle commesse, spesso in associazione temporanea con altre imprese,
le società riconducibili agli indagati provvedevano poi a conferire l’esecuzione materiale dei lavori ad altre società, anche con sede in Calabria. La complessa attività, svolta anche mediante l’ausilio di indagini tecniche e servizi di osservazione e pedinamento, è stata diretta dalla Direzione Distrettuale Antimafia del Tribunale di Milano e coordinata dal II Reparto della Direzione Investigativa Antimafia. A seguito di mirati accertamenti economico-patrimoniali svolti in stretta collaborazione con il Gruppo di Investigazione sulla Criminalità Organizzata (Gico) del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Milano ha, altresì, disposto il sequestro preventivo in via d’urgenza di compendi aziendali, beni immobili e conti correnti per un valore complessivo stimato in 5 milioni di euro. L’esecuzione delle misure insieme a numerose perquisizioni, ha interessato diverse regioni e ha visto la partecipazione dello stesso Gico della Guardia di Finanza di Milano nonché di personale dei centri operativi Dia di Roma, Catania, Messina, Firenze, Napoli, Catanzaro”.
I due imprenditori, Francesco Scirocco e Giovanni Bontempo, vicini al clan mafioso dei “Barcellonesi”, arrestati nell’inchiesta della Dia e del Gico della Gdf, coordinata dal pm della Dda di Milano Silvia Bonardi, avrebbero tentato anche di aggiudicarsi una gara “bandita da Infrastrutture Milano Cortina 2026” per “l’affidamento di lavori” per realizzare il “parcheggio interrato Mottolino località Bondì” a Livigno (Sondrio) e opere connesse per un valore di oltre 28 milioni di euro. Al centro dell’inchiesta c’è la società Infrastrutture M&B e gli arresti sono per intestazione fittizia aggravata dall’aver agevolato la mafia