Sulle tracce di Patriziaprima della scomparsa

CASTELVECCANA Pochi punti fermi e una difficile ricostruzione dei movimenti. Aspetti che avvolgono di mistero la scomparsa di Patrizia Rognoni. A dieci giorni dalla sparizione abbiamo ripercorso quel tragitto, cercando di ricostruire le possibili mosse di Patrizia. E di capire come possa essere scomparsa nel nulla.

Mercoledì sera quando la donna è stata vista per l’ultima volta, secondo le testimonianze fornite finora, ha lasciato lo studio del suo legale, l’avvocato Corrado Viazzo, alle 20.45. Poi, con la sua auto si è diretta presumibilmente verso casa. Da via Giordano al civico 12 fino al complesso residenziale “La Rocca” di Castelveccana, in fondo a via Capitano Barassi. Una distanza di 8 chilometri e 400 metri, costeggiando il Lago Maggiore sulla Statale 394, che ieri abbiamo ripercorso. Poco più di 20 minuti di strada durante i quali la signora scomparsa nel nulla dalla sera di mercoledì 16 avrebbe potuto fermarsi ovunque. Con un’unica certezza: ha fatto rientro nella sua abitazione. Lì infatti i carabinieri, che hanno posto sotto sequestro l’immobile su ordine della Procura della Repubblica, hanno trovato l’auto posteggiata in garage e la borsa della donna contente gli effetti personali appoggiata su un tavolo.

Un rientro comunque successivo alle 21, orario in cui la dirimpettaia si è spostata dalla propri sala, senza sentire aprirsi il box della donna scomparsa. Cosa può essere successo da questo punto in avanti resta un mistero. Se da un lato risulta difficile pensare a un allontanamento forzato, con il cancello del complesso residenziale che si apre solo dall’interno o con il telecomando in uso ai proprietari, dall’altro la signora di sua volontà avrebbe potuto spostarsi solo a piedi.

Difficile anche pensare ad un appuntamento al quale difficilmente sarebbe andata senza la borsa contenente i documenti. Anche per il marito Roberto Corti, che la mattina di giovedì, dopo aver accompagnato la figli a a scuola si è recato fuori provincia per lavoro e la sera precedente aveva la custodia della figlia dodicenne, sarebbe stato difficile avvicinarla. Troppo tesi i rapporti tra i due, che ormai da mesi si parlavano solo tramite gli avvocati. Altrettanto poco plausibile l’ipotesi di una fuga in Svizzera, dove la donna aveva un negozio. Una pista peraltro scartata anche dalla polizia cantonale che sulla vicenda non ha aperto alcuna indagine. Difficile per Patrizia attraversare il confine senza auto e senza documenti. Diventa così, nonostante non possa ancora essere esclusa la traccia investigativa di un coinvolgimento di una terza persona, più plausibile la pista di un allontanamento volontario. A piedi, del resto, partendo dall’abitazione di via Capitano Barassi, in pochi minuti è facile raggiungere la sponda del Lago Maggiore o inoltrarsi nel fitto della boscaglia. Salendo verso le alture che sovrastano Castelvaccana o scendendo verso le spiagge del lago. Luoghi notoriamente isolati e dove sarebbe particolarmente difficile notare una persona sola nel buio della notte. Per il momento, comunque, non filtrano particolari investigativi sul caso anche se i carabinieri, coordinati dal pubblico ministero Sara Arduini, avrebbero individuato delle piste prioritarie da seguire. E una di questa porta proprio in direzione del Verbano. Lunedì i carabinieri del nucleo sommozzatori di Genova faranno entrare in scena il “Pluto”. Con il sofisticato sommergibile verranno così scandagliate le acque del Verbano alla ricerca di Patrizia Rognoni. Nonostante il suo legale, Corrado Viazzo, abbia più volte respinto la tesi di un drammatico gesto volontario, al momento nessuno si sente di escludere che la donna abbia potuto cercare l’annegamento. Oppure essere stata spinta in acqua da qualcuno.

b.melazzini

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