Nemanja Majdov, campione del mondo di judo serbo, si trova al centro di una controversia dopo essere stato squalificato per cinque mesi dalla Federazione Internazionale di Judo (IJF). La sanzione è scaturita da un gesto che molti considerano innocente: il segno della croce effettuato dal judoka al suo ingresso sul tatami durante gli ottavi di finale delle recenti Olimpiadi di Parigi. Secondo il regolamento della federazione, questo gesto è stato interpretato come una violazione del Codice Etico, che proibisce espressioni di fede o segni religiosi durante le competizioni.
Il gesto di Majdov, avvenuto il 31 luglio, è stato catturato dalle telecamere e ha immediatamente sollevato un’ondata di polemiche. In quella occasione, il judoka serbo ha affrontato il greco Tselidis, ma è uscito sconfitto dall’incontro. La decisione di squalifica, emessa in virtù dell’articolo 3 del Codice Etico dell’IJF, sottolinea l’impegno della federazione a mantenere le competizioni sportive neutrali dal punto di vista religioso.
Majdov, già medaglia d’oro ai Mondiali di Bucarest nel 2017 e argento ad Abu Dhabi nel 2024, ha ricevuto un sostegno significativo da parte di altre figure di spicco dello sport, incluso il noto tennista Novak Djokovic. In un post su Facebook, il judoka ha commentato la sua sospensione, affermando che non si pentirebbe del suo gesto e lo ripeterebbe senza esitazioni, nonostante le conseguenze. “15 giorni fa ho ricevuto una decisione dalla Federazione Mondiale di Judo che mi ha sospeso per 5 mesi per aver violato i loro codici religiosi. Mi è stato vietato di partecipare a tutti i tornei, ai ritiri e ai preparativi,” ha dichiarato Majdov, esprimendo chiaramente la sua posizione.
La squalifica significa che il campione serbo non potrà partecipare a nessun torneo fino a febbraio 2025, un duro colpo per un atleta al culmine della sua carriera. La decisione ha riaperto il dibattito su come le istituzioni sportive gestiscano l’espressione della fede e le tradizioni personali in un contesto competitivo, sollevando interrogativi su dove si trovi il confine tra la libertà di espressione e le regole sportive.
Majdov non è solo nel suo appello per una maggiore tolleranza. Molti atleti e sostenitori hanno iniziato a discutere la necessità di rivedere le politiche dell’IJF riguardo ai gesti religiosi, suggerendo che il judo, come altre discipline, dovrebbe permettere ai suoi praticanti di esprimere la propria spiritualità senza timore di sanzioni.
La controversia attorno a Nemanja Majdov continua a svilupparsi, mettendo in luce le tensioni tra norme istituzionali e diritti individuali. In un mondo sempre più attento ai diritti umani e alla libertà di espressione, la sua storia potrebbe rappresentare un punto di partenza per un cambiamento significativo nelle politiche sportive globali.