Con cittadinanza italo-australiana e residenze in Australia, Nuova Zelanda e Monaco, Andrew Brolese è stato arrestato a metà settembre all’aeroporto di Malpensa, dove è stato intercettato grazie a un “alert” Interpol durante il controllo di un volo proveniente da Singapore. La notizia dell’arresto, resa pubblica solo il 18 ottobre, è stata approfondita ieri grazie a un’inchiesta del quotidiano australiano “The Age”.
Le accuse dagli Stati Uniti: frodi telematiche e riciclaggio
Brolese, destinatario di un mandato d’arresto da parte dell’FBI, deve rispondere a undici capi d’imputazione negli Stati Uniti, dove un tribunale del North Carolina lo accusa di frode telematica, associazione a delinquere per commettere frodi e danni a sistemi informatici protetti, oltre che di riciclaggio. Le autorità italiane, mantenendo stretto riserbo sul suo caso, hanno ottenuto copia dell’atto d’accusa. L’operazione fraudolenta, secondo le indagini, coinvolgeva un’organizzazione che avrebbe truffato le vittime — in dieci casi ultra 55enni — sia con telefonate dirette sia attraverso messaggi inviati via Skype.
Una rete di truffe sofisticate: il ruolo dei call center e dei pop-up malevoli
Secondo le accuse, Brolese e il suo complice avrebbero organizzato un call center per raggirare le vittime tramite la “frode del supporto tecnico”: agli utenti comparivano falsi pop-up che informavano su un presunto blocco del computer, causato da errori o malware fittizi. Il messaggio includeva un numero verde da contattare per ricevere assistenza e sbloccare il dispositivo, inducendo le vittime a pagare somme di denaro per un supporto tecnico inesistente. La società Digital Marketing Support Services (DMSS), con sede nelle Seychelles e legata agli indagati, gestiva i pop-up dannosi, generando un traffico illecito a beneficio dei call center.
Il “raggiro dello schermo bloccato”: come venivano ingannati gli utenti
Gli utenti, convinti che il proprio computer fosse compromesso, vedevano apparire messaggi allarmanti sui loro schermi, tra cui falsi avvisi di malware causati dalla visita di siti web sospetti. Il pop-up invitava a chiamare un numero di emergenza per risolvere il problema, minacciando la perdita di dati e la disattivazione del sistema. Ma la chiamata non risolveva nulla: la banda incassava il pagamento e lasciava i computer delle vittime bloccati. Arrestato dai poliziotti della Postale e della Polaria, Brolese resta ora sotto sorveglianza in Italia, in attesa delle decisioni delle autorità giudiziarie.