Lunedì sera, ogni poltrona della sala Montanari era occupata, con persone in piedi lungo le pareti e sedute per terra. Un pubblico così numeroso si è raccolto per Carlo Meazza, per ascoltarlo e vedere le immagini della riedizione del suo libro Monte Rosa (Pubblinova Edizioni Negri), pubblicato 32 anni dopo la prima edizione.
Tra i presenti c’erano non solo gli ammiratori varesini, ma anche i protagonisti delle sue fotografie: pastori, alpinisti e abitanti delle valli intorno al Rosa. In prima fila sedevano i pastori di “Remènch”, che per essere presenti avevano lasciato le loro pecore sulla Piana di Vegonno, e il grande fotografo Giorgio Lotti.
Un viaggio interiore attraverso la montagna
Con Carlo Meazza, sul palco c’erano l’attore Giuseppe Cederna e la scrittrice Marta Morazzoni, che lo hanno accompagnato in un viaggio attraverso il suo rapporto con la montagna e la fotografia.
«Questo libro è un pezzo di vita – ha spiegato Cederna –. Dentro ci sono lentezza, cammino e cura dello sguardo. Non è solo un libro di rocce e ghiacci, ma un libro di domande». I momenti di silenzio sul palco, gli sguardi incrociati tra Meazza e Cederna, hanno aggiunto profondità alle parole, mentre sullo schermo scorrevano immagini del Monte Rosa, maestoso e rassicurante.
Domande, tempo e senso della vita
Carlo Meazza ha spiegato che le domande lo hanno spinto a realizzare questa nuova edizione del libro. «Il Monte Rosa è l’architettura naturale più bella che abbiamo, una presenza costante nella nostra vita. Mi sono chiesto cosa significhi il tempo che passa e il senso della vita, e ho cercato risposte camminando in solitudine nelle valli del Rosa».
Non un bilancio, ma un passo avanti, un dialogo silenzioso con una montagna che è stata compagna e specchio di una vita intera.
Una montagna che protegge e richiama
Marta Morazzoni, che ha spesso accompagnato i lavori di Meazza con prefazioni e scritti, ha definito questo libro «un’autentica autobiografia». Ha paragonato la presenza del Monte Rosa nella vita dei varesini alla frase di Lucia ne I Promessi Sposi: «Ho veduto i miei monti».
«Il Monte Rosa è il nostro dirimpettaio – ha detto Morazzoni –. Ci protegge e ci minaccia, è una calamita per lo sguardo, un legame profondo che unisce Carlo Meazza, il suo libro e tutti noi che viviamo sotto la sua ombra».