VARESE – L’Italia è il fanalino di coda in Europa per quanto riguarda il numero di professori ordinari in Pediatria con curriculum scientifico e clinico in ambito neonatologico. E’ quanto emerge da una indagine effettuata dalla Società Europea di Rianimazione Neonatale e Pediatrica, che fotografa una situazione preoccupante: l’Italia conta solo 9 professori ordinari di Neonatologia, contro i 20 del Regno Unito, i 30 della Germania e i 35 della Francia. Anche in rapporto alla popolazione, i dati non migliorano, con l’Italia superata da Romania, Olanda, Svizzera e Grecia. Solo la Spagna peggio di noi, tra i Paesi analizzati.
“In Italia sarebbero necessari almeno il doppio dei professori ordinari. Bisogna colmare questo gap”, sottolinea il professor Massimo Agosti, presidente della Società Italiana di Neonatologia (SIN), ordinario di Pediatria presso l’Università degli Studi dell’Insubria e Direttore della Neonatologia e Terapia Intensiva Neonatale all’Ospedale Del Ponte di Varese. “La Neonatologia è una branca giovane della pediatria, che ha conosciuto un grande sviluppo negli ultimi anni – spiega Agosti – In passato i neonatologi si formavano sul campo, ma oggi questo non basta più. Serve una filiera accademica strutturata, dal ricercatore, passando per il professore associato, fino all’ordinario. Si pensi che in Italia, i professori ordinari in pediatria sono sei volte più numerosi rispetto a quelli di neonatologia e che le scuole di specializzazione in pediatria sono 38”. Agosti evidenzia l’importanza strategica della neonatologia, una disciplina cruciale nei primi 1000 giorni di vita del bambino, dal concepimento ai due anni: “E’ il ponte tra ostetricia e pediatria”.
Per affrontare il problema servono più investimenti, un dialogo maggiore tra istituzioni nazionali e regionali e una collaborazione sempre più stretta tra neonatologi e pediatri. Ma non basta, avverte Agosti: “In Italia serve un cambio culturale. Non è un caso che Italia e Spagna, ultime in questa classifica, abbiano anche uno dei tassi di fertilità più bassi d’Europa. Al contrario, ad esempio in Francia, dove l’attenzione alla neonatologia è globalmente cresciuta, si è registrato un miglioramento del tasso di fertilità. Evidentemente, i numeri raccontano una storia che non possiamo ignorare. Proprio per questo – conclude Agosti – se si vogliono mantenere i risultati eccellenti in termini di sopravvivenza che ci pongono tra i primi Paesi in Europa e nel mondo, bisogna investire sulla neonatologia, in tutti i suoi ambiti, quindi anche in quello universitario”.