MALPENSA – La Corte d’Assise di Novara ha emesso una condanna all’ergastolo per Adil El Hariri, noto con il soprannome di “Sbardila”, il giovane marocchino accusato di aver torturato e ucciso Achraf Zai, un connazionale, nei boschi di Pombia. La vicenda risale a un tragico episodio che ha avuto luogo nel 2022, quando Zai, uno spacciatore di basso rango, venne rapito, malmenato e infine abbandonato senza vita lungo la superstrada di Malpensa, tra Vanzaghello e Lonate Pozzolo.
Secondo la ricostruzione dei fatti presentata dall’accusa, il delitto sarebbe stato legato agli ambienti dello spaccio di droga nella zona dei boschi della valle del Ticino, un luogo noto come il “bosco dello spaccio”. La vittima, accusata di aver rubato una partita di droga e dei soldi provenienti dallo spaccio durante un rastrellamento delle forze dell’ordine nell’aprile del 2022, avrebbe subito la furia di un gruppo di spacciatori, capeggiato proprio da “Sbardila”. Un pentito del gruppo ha dichiarato che Zai avrebbe nascosto la merce rubata, per poi tornare successivamente a prenderla. Da quel momento, il giovane sarebbe stato rapito e brutalmente torturato dai suoi aguzzini. Nonostante in un primo momento si fosse cercato di chiedere un riscatto alla sua famiglia, alla fine il gruppo ha deciso di ucciderlo.
Il corpo senza vita di Zai venne ritrovato solo dopo diverse settimane, lungo la superstrada 336, e riconosciuto grazie ai tatuaggi della vittima, diffusi dalla Procura per facilitare l’identificazione. La Corte d’Assise di Novara ha condannato a pene significative anche altri membri del gruppo: 21 anni di carcere per Ayoub Edderdak, che risulta essere latitante, e 20 anni per Anass Marzouk, che, secondo l’accusa, era il referente diretto della vittima nei boschi.
Oltre ai principali responsabili, sono stati indagati altri due membri del gruppo per favoreggiamento, accusati di aver aiutato i fuggitivi e di aver partecipato in vari modi al crimine. Anche questi ultimi sono tuttora irreperibili e si pensa che, come gli altri accusati, abbiano lasciato l’Italia, probabilmente fuggiti all’estero.
Nonostante le condanne, il caso rimane segnato dalla latitanza degli imputati, che continuano a essere ricercati dalle autorità. La vicenda ha sollevato un ampio dibattito sui legami tra criminalità organizzata e spaccio di droga nelle aree boschive della provincia, portando a un maggiore monitoraggio della zona da parte delle forze dell’ordine.