Le condizioni di lavoro nei cantieri dei subappalti per le ferrovie sono al centro di un’inchiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Milano che nel 2022 portò all’arresto di 15 persone e all’indagine di oltre il doppio, con accuse gravi: associazione mafiosa, riciclaggio e reati fiscali. Già allora furono sequestrati beni per oltre 6,5 milioni di euro.
Il processo a Varese
Secondo l’accusa, le imprese coinvolte erano colluse con la criminalità organizzata e operavano attraverso società fittizie. Il processo in corso a Varese vede 40 imputati – tra imprenditori e amministratori – assistiti da altrettanti legali. L’udienza preliminare, durata fino alle 13, ha affrontato eccezioni sulla competenza territoriale, con la richiesta di trasferire il procedimento al Tribunale di Catanzaro. La decisione della Corte è attesa per marzo.
L’inchiesta e gli arresti
L’indagine esplosa nel 2022 coinvolse la Guardia di Finanza di Varese e il reparto speciale “Gi.co” di Milano, portando a blitz in diverse località, tra cui Gemonio e Besozzo. Gli arrestati erano legati alla cosca ‘ndranghetista Arena-Nicoscia, con un sistema basato su società intestate a prestanome per gestire appalti e frodi fiscali.
Gli altri filoni processuali
Un primo processo si sta svolgendo a Milano e riguarda gli imputati sottoposti a misure cautelari. Alcuni procedimenti si sono già conclusi con assoluzioni o ricorsi in Cassazione, che ha disposto nuovi giudizi di secondo grado.
Il metodo mafioso nei cantieri
Dalle intercettazioni emergeva il controllo mafioso sui lavori ferroviari, con minacce ed estorsioni. L’organizzazione garantiva sostegno ai detenuti e simulava assunzioni per ottenere sconti di pena. Il sistema permetteva di lucrare su crediti fiscali grazie al fallimento pilotato delle imprese.
Prossime tappe
Il processo a Varese riguarda le posizioni residue del troncone milanese e vede contestati legami diretti con la ‘ndrangheta. La prossima udienza è fissata per il 21 febbraio nell’aula bunker del Tribunale di Varese.