Cosenza, 25 feb. (Apcom) – Terremoto finanziario in provincia di
Cosenza, dove la guardia di finanza ha scoperto una maxi truffa
da oltre 75 milioni di euro ai danni dell’Unione europea.
Cinquantasei persone risultano indagate. Ventuno le misure
cautelari, sei eseguite in provincia di Piacenza, tra cui undici
arresti in carcere; per dieci persone è stato invece disposto il
divieto di abbandonare il comune di residenza. Coinvolti anche
tre funzionari delle banche concessionarie del ministero dello
Sviluppo economico. L’inchiesta ha messo in luce
un’organizzazione composta da insospettabili colletti bianchi,
costituita per consentire soprattutto a imprenditori di percepire
ingenti somme di denaro. Alle imprese venivano forniti dei veri e
propri “pacchetti truffaldini chiavi in mano”.
L’indagine, denominata Sparkling, è stata condotta dalla procura
di Cosenza. Centinaia le intercettazioni telefoniche e gli
appostamenti.
Sotto la lente delle fiamme gialle, i finanziamenti previsti
dalla legge 488/92 e le pratiche curate da due studi di
consulenza, entrambi con sede a Cosenza. La Gdf ha sequestrato
beni per oltre 50 milioni di euro. Sequestrate somme di denaro
per circa 5 milioni di euro; e oltre cento immobili tra
appartamenti, ville, terreni, strutture commerciali, tutti nella
disponibilità dei soggetti colpiti dalle misure cautelari.
Gli indagati dovranno rispondere, a vario titolo, di
associazione a delinquere finalizzata alla frode ai danni dello
Stato e dell’Ue, di truffa per il conseguimento di erogazioni
pubbliche, malversazione ai danni dello Stato, concussione,
rivelazione di segreti d’ufficio, omessa denuncia da parte di
incaricato di pubblico servizio, falso ideologico e materiale in
atto pubblico, favoreggiamento personale ed emissione e utilizzo
di fatture per operazioni inesistenti.
I finanzieri hanno scoperto un mercato dei servizi illegali, la
cui struttura faceva capo ai due studi di consulenza.
L’organizzazione, infatti, forniva una sorta di assistenza
globale, soprattutto per le frodi, a favore dei singoli
percettori. Le anomalie nei finanziamenti pubblici ex legge
488/92 erano state evidenziate, nel dicembre 2007, dalla
commissione parlamentare Antimafia. Il procuratore aggiunto,
Emilio Ledonne, rilevò come la quasi totalità dei finanziamenti
passasse proprio da Cosenza, attraverso pochissimi studi
professionali. Da qui è partita l’indagine.
Il ruolo dei funzionari delle banche concessionarie del
ministero, incaricati di verificare l’esattezza delle richieste,
in presenza di documentazione mendace presentata dalle imprese
clienti dello studio Marini, secondo l’inchiesta, omettevano di
accertare le irregolarità documentali. I consulenti esterni delle
banche concessionarie, insomma, esaminavano le domande,
eseguivano i collaudi finali “ammorbiditi”, omettendo spesso di
accertare irregolarità nell’uso dei fondi; tra cui la mancata
installazione o messa in funzione di macchinari comprati con
soldi pubblici. Anche diversi dipendenti di enti locali, che si
occupavano di sponsorizzare le prestazioni professionali dello
studio Marini, svolgevano un ruolo attivo di agevolazione
amministrativo/burocratica per i clienti dello studio.
Con false fatture e altri documenti non veritieri le imprese
beneficiarie dei contributi europei spesso documentavano spese
per realizzare i programmi di investimento agevolato nettamente
superiori a quelle sostenute; oppure attestavano apporti di mezzi
propri da parte dei soci (come previsto dai decreti di
concessione delle agevolazioni) in realtà mai realizzati. Secondo
la guardia di finanza, i legali rappresentanti delle imprese
venivano opportunamente “consigliati” dai consulenti indagati e
agevolati dalla complicità di fornitori compiacenti.
Cep
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