Bruxelles, 4 nov. (Apcom) – Il presidente ceco Vaclav Klaus ha firmato ieri il Trattato di Lisbona. Ultimo tra i Paesi dell’Ue, la firma giunge dopo la sentenza della Corte Costituzionale ceca che ha stabilito che il Trattato di Lisbona è conforme alla Costituzione della Repubblica, rimuovendo l’ostacolo alla ratifica del trattato che riforma le istituzioni europee da parte della Repubblica ceca. Può così partire, anche a livello ufficiale, la corsa dei candidati ‘veri’ ai due alti posti dell’Unione creati dal nuovo trattato. Tutto andrà molto velocemente, ora, dopo mesi di ‘totonomine’ più o meno attendibili, con decine di candidati poi bruciati.
“Ci metteranno 48 ore, adesso, non di più”, ha assicurato un navigatissimo europarlamentare italiano, mentre altre fonti dell’Assemblea di Strasburgo si aspettano che le decisioni sulle nomine siano definitive entro “una settimana al massimo”. In realtà la ‘rosa’ si è già ristretta molto negli ultimi giorni, durante e subito dopo il Consiglio europeo di giovedì e venerdì scorsi. I candidati ‘veri’ sembrano essere tre su due posti, e uno dei tre non ha ancora dichiarato la sua disponibilità.
Per la presidenza stabile del Consiglio europeo il nome vincente potrebbe essere quello dell’attuale premier belga Hermann Van Rompuy (Ppe), un uomo schivo e ‘senza qualità’, nel senso che non ha avuto ancora il tempo di mettersi in luce per niente di particolare. Ha sicuramente l’appoggio dell’asse franco tedesco e dei suoi due colleghi premier del Benelux, nonostante fossero anche loro, il lussemburghese Jean-Claude Juncker e l’olandese Jan Peter Balkenende, fra i candidati del ‘totonomine’, ma forse proprio per coprire il gioco del collega belga fino all’ultimo.
Nella corsa per la nomina dell’Alto rappresentante della Politica estera Ue, nonché vicepresidente della Commissione, per ora il candidato ufficiale più forte sembra essere Massimo D’Alema, uscito anche lui dall’ombra come un ‘dark horse’ solo venerdì scorso, con la dichiarazione di disponibilità ad appoggiarlo da parte del governo italiano. Fortemente appoggiato dal Pse, la ‘famiglia politica’ europea che reclama per sé, e quasi certamente otterrà, il posto di Alto rappresentante, D’Alema deve però guardarsi da un avversario temibilissimo, che non si è ancora dichiarato, il ministro degli Esteri britannico David Miliband: se decidesse di correre il posto sarebbe suo.
Finora, Miliband ha negato la propria disponibilità, per non compromettere la campagna del proprio governo a favore di Tony Blair alla presidenza stabile dell’Ue. Ma ora, fallito il tentativo di Londra con la quasi certezza che il posto di presidente Ue andrà a Van Rompuy, il ministro degli Esteri britannico potrebbe rompere gli indugi e dichiararsi disponibile.
Red/Kat
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