Mafia/Agenda rossa Borsellino non era in borsa il giorno strage


Palermo, 18 nov. (Apcom)
– L’agenda rossa di Paolo Borsellino non è stata rubata, anzi, non era neppure nella borsa del magistrato assassinato in via D’Amelio a Palermo il 19 luglio del 1992 perché “gli unici accertamenti compiuti in epoca prossima ai fatti portavano ad escludere addirittura che la borsa presa in consegna dal capitano Giovanni Arcangioli contenesse una agenda, come da quest’ultimo sempre sostenuto”. Parola della sesta sezione penale della Corte di Cassazione che con la sentenza 389 del 2009 ha fatto proprie, integralmente, le conclusioni del giudice dell’udienza preliminare di Caltanissetta che ha dichiarato di non doversi procedere, per non aver commesso il fatto, nei confronti di Arcangioli imputato di furto pluriaggravato.

L’agenda rossa, sulla quale si sono scorsi fiumi di inchiostro per la giustizia italiana non è mai stata rubata. Nessun giallo, complotto o mistero, dunque.

Secondo i giudici della Corte di Cassazione, presieduta da Giovanni De Roberto, la decisione del Gup di Caltanissetta, Paolo Scotto di Luzio, “si fonda su una motivazione analitica ed esauriente, che prende nel debito esame tutti gli elementi di prova e fornisce giustificazione adeguata della loro valutazione e dello loro ritenuta inidoneità complessiva a sostenere la tesi accusatoria e a legittimare il vaglio in sede dibattimentale”.
Dopo aver ricordato come Arcangioli, che era assistito dagli avvocati Diego Perugini,

Sonia Battagliese e Adolfo Scalfati, abbia rinunciato alla prescrizione del reato perché voleva la dichiarazione della sua piena innocenza, la Cassazione rileva come il Gup abbia messo a confronto le dichiarazioni rese dall’ufficiale dell’Arma “con le risultanze obiettive delle indagini e con le informazioni provenienti da diverse persone informate sui fatti (ispettore Maggi, appuntato Farinella, dott. Teresi, on. Ayala); e osserva che da nessuna di queste fonti, i cui contributi vengono puntualmente riportati e criticamente analizzati, è desumibile l’esistenza dell’agenda nella borsa maneggiata da Arcangioli e meno che mai si può ritenere la sottrazione ad opera di quest’ultimo dall’interno della borsa, d’altronde del tutto inverosimile se si considera lo spazio di tempo ristrettissimo a sua disposizione e il teatro del fatto in cui era convenuta dopo l’attentato tutta una folla di operatori di polizia”. Per questo e altri motivi di legittimità, anche su richiesta del procuratore generale presso la Corte di Cassazione, Carlo Di Casola, la Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso della procura di Caltanissetta contro il proscioglimento di Arcangioli.

(segue)

Cas

© riproduzione riservata