L’impronta della mafia sull’omicidio di Cavaria

CAVARIA CON PREMEZZO Ci sarebbe la mafia siciliana dietro la morte dell’imprenditore Giuseppe Monterosso, freddato lo scorso maggio a Cavaria con Premezzo con una mezza dozzina di colpi esplosi da distanza ravvicinata premendo il grilletto di una 357 a tamburo. Ne sono convinti gli investigatori della Dia di Milano e i colleghi della squadra mobile della polizia di Como che nelle ultime ore hanno eseguito nove ordinanze d’arresto a carico di altrettante persone a vario titolo accusate di un omicidio pluriaggravato dalla premeditazione e dal cosiddetto articolo 7,

la norma che contempla l’adozione dei cosiddetti «metodi mafiosi».
Dall’inchiesta filtrano del resto nomi di famiglie e di luoghi che davvero richiamano cosche e crimine organizzato: Porto Empedocle, per esempio, nell’Agrigentano, dove sul finire degli anni Ottanta si consumò una delle faide più efferate del dopoguerra, con gli omicidi di componenti delle famiglie Vecchia, Palumbo, Albanese. Tra i nove arrestati per la morte di Monterosso ci sono eredi di quei gruppi, stessi nomi, stessi ambienti, financo stessi lineamenti. Ad «autorizzare» la morte di Monterosso e quelle, programmate (secondo l’accusa) di suo padre e di suo nipote (tale Salvatore Mastrosimone) è per esempio Fabrizio Messina, 35 anni, nato cresciuto e residente a Porto Empedocle, fratello di Gerlandino Messina, latitante di mafia ospite fisso nell’elenco dei trenta criminali più ricercati e pericolosi d’Italia.
Cosa c’entra tutto questo con la morte dell’imprenditore di Cavaria? La squadra mobile di Como usa moltissima cautela, ma dietro quella che all’inizio sembrava una “banale” vendetta – la risposta al rogo di quattro camion dati alle fiamme nel novembre del 2008 alla «Euro trasporti» di Albiolo – potrebbe nascondersi il tentativo di monopolizzare il mercato del trasporto su gomma tra Varese e Como. Monterosso era proprio titolare di una impresa di trasporti, così come autotrasportatore è Andrea Vecchia, 42 anni, uno dei nove destinatari delle ultime ordinanze di custodia. Vecchia è proprio il titolare della «Euro trasporti» di Albiolo (Como), ed è considerato il mandante del delitto. Si pensava che avesse deciso di sparare per vendicarsi del rogo dei suoi camion, appiccato da un paio di soggetti (poi condannati a tre anni) legati a Monterosso, che di quell’incendio era probabilmente il mandante. Non fu un semplice sgarro, la vendetta di un ex dipendente di Vecchia (uno dei due incendiari aveva lavorato per lui). Fu probabilmente qualcosa di più, un movente sul quale c’è ancora molto da indagare.
Nel novembre del 2008, in provincia di Como, di camion ne bruciarono diversi, due addirittura una settimana prima del rogo di Albiolo, nel cortile di una ditta di Ronago. E allora? Il sospetto è quello che tutti questi episodi, ivi compreso il delitto, siano da ricollocare in una guerra innescata per il controllo del mercato degli autotrasporti sul territorio. E non sarà neppure un caso che nel corso della conferenza stampa di ieri, la polizia abbia confermato l’intenzione di scavare ancora, di svolgere nuove verifiche, con il Servizio centrale operativo, sulle partecipazioni societarie dei soggetti coinvolti, per accertare la consistenza di eventuali interessi commerciali sul territorio di province ritenute ancora vergini dal punto di vista delle infiltrazioni mafiose su mercati che non siano quelli classici (e illegali) della droga e della prostituzione.
Accanto a Vecchia, ritenuto il mandante dell’omicidio di maggio, la polizia ha notificato le ordinanze di custodia ad Alessio Contrino, 47enne di Porto Empdedocle ma domiciliato a Tavernerio (Como) ritenuto l’esecutore materiale del delitto; a Calogero Palumbo, 49 anni, natali e residenza a Porto Empedocle come Giuseppe Volpe, 64 anni e come Fabrizio Messina, 35; a Giuseppe Luparello – già arrestato e scarcerato nel maggio scorso -, 25 anni di Blevio (Co); a Gaetano Ribisi, 42 anni, di Palma di Montichiaro (Ag); a Paolo Albanese, 62enne di Cucciago (Co) e a Raffaele Gigliotti, 44enne di Cantù. I ruoli: Volpe sarebbe stato l’emissario di Messina, essendo salito al nord per dare il via libera ai delitti messi in agenda ma per fortuna mai consumati (quelli del padre e del nipote di Monterosso); Luparello e Palumbo (con Vecchia) parteciparono alla riunione operativa di Porto Empedocle; Ribisi fu, secondo l’accusa, l’uomo che fornì le armi necessarie a scatenare la successiva guerra mentre Albanese e Gigliotti furono coloro che le nascosero, finché la polizia non bussò alla porta.

e.romano

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