Potenza, 23 mar. (Apcom) – “Danilo Restivo aveva alcune ferite sul collo il giorno dopo la scomparsa di Elisa Claps”. A dichiararlo è un’ex collega del padre, Maurizio Restivo, all’epoca dei fatti direttore del museo nazionale di Potenza. La donna ha fatto la segnalazione ieri pomeriggio alla redazione del programma di Raitre “Chi l’ha visto?” che nella puntata di ieri sera è tornata nuovamente ad occuparsi del caso Claps ripercorrendo le tappe più salienti dal giorno della scomparsa della studentessa potentina, il 12 settembre 1993, ad oggi.
La testimone, nella sua telefonata, ha anche invitato le altre persone che lavoravano con lei al museo a parlare e non ha nascosto il timore di rivelare i segni che aveva notato sul collo del sospettato numero uno. “Spero – ha detto – che qualcuno più coraggioso di me parli”. La signora Filomena Iemma, la madre di Elisa in collegamento con la trasmissione dagli studi della Rai di Potenza insieme al figlio Gildo, ha rinnovato il suo invito a parlare: “Chi ha visto qualcosa me lo venga a dire. Rimarrà tra lei e me. Chi lo fa per mia figlia – ha aggiunto – è come se lo facesse per i figli di tutti”.
Nel corso della trasmissione condotta da Federica Sciarelli, una puntata dedicata quasi esclusivamente al giallo di Potenza, la squadra di giornalisti che lavora al caso ha dimostrato come gli investigatori della prima ora, tra cui il magistrato Felicia Genovese, fossero a conoscenza dell’esistenza della piccola stanzetta situata tra la canonica e il campanile della chiesa della Santissima Trinità a Potenza, dove lo scorso mercoledì 17 marzo sono stati ritrovati i resti di Elisa. “Lei conosce i locali che si trovano nella parte superiore della chiesa? – aveva chiesto il pm Genovese all’imputato nel processo del 1995 contro Restivo che, alla risposta affermativa di Danilo aveva aggiunto: “E’ vero che in quella stanzetta ci era andato con una ragazza e le aveva chiesto di rimanere solo con lei, perché?” Restivo, anche a questa domanda aveva risposto di si dicendo che con quella ragazza voleva “solo parlare”.
Dunque Danilo Restivo conosceva l’esistenza della piccola stanza buia dove è stato trovato il corpo di Elisa 17 anni dopo, ci era già andato con un’altra ragazza che, forse, voleva importunare, e il pm che allora conduceva le indagini era al corrente di questi particolari. Ma durante il corso della trasmissione emerge un altro importante dettaglio: secondo un testimone, intervenuto in diretta davanti alla Trinità, “Danilo aveva una copia delle chiavi della chiesa che si era procurato sottraendo il mazzo originale incautamente incustodito”.
Sarebbe stato lo stesso don Domenico Sabia, parroco della chiesa per 48 anni, a confessargli il dubbio. Inoltre lo stesso Restivo ha sempre dichiarato di aver visto Elisa viva per l’ultima volta proprio nella chiesa della Trinità “e allora perché non cominciare le ricerche della povera ragazza proprio da quel posto?- chiede la Sciarelli che incalza: “Quella chiesa si doveva mettere sotto sopra il giorno stesso della scomparsa e il pm sarebbe dovuto andare a casa di Restivo per prelevare i vestiti e farli analizzare”.
Un altro tassello mancante nella costruzione dell’intera vicenda è rappresentato infatti dagli abiti di Restivo che lo stesso, durante il processo, ammetterà che si erano sporcati di sangue quella mattina “perché – aveva detto al giudice – ero caduto nelle scale mobili”, nel 1993 un cantiere aperto. “I vestiti che potevano presumibilmente trattenere tracce del dna di Elisa – ha riepilogato la Sciarelli – non sono stati analizzati così come non sono stati disposti i tabulati telefonici della famiglia Restivo”. “Perchè nessuno chiede conto a chi fece tutti quegli errori marchiani” – ha chiesto il giornalista Marco Travaglio in collegamento dalla redazione de “Il fatto” – “O quando Elisa scomparve qualcuno tra i magistrati e i poliziotti era molto distratto – ha aggiunto – o magistrati e poliziotti non sanno fare il loro lavoro”.
Intanto oggi, nel Policlinico di Bari dove sono stati portati i resti di Elisa, inizia l’esame autoptico che, ha
detto il professor Francesco Introna, durerà circa trenta giorni. “La nostra attenzione – ha spiegato il medico legale – sarà rivolta soprattutto a stabilire le cause della morte e a cercare tracce che portino al colpevole: un omicidio – ha spiegato – lascia sempre tracce sulla vittima”. A conclusione degli esami la famiglia Claps e tutta la città di Potenza potranno finalmente dare degna sepoltura alla ragazza, dopo quasi 17 anni dalla sua morte.
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