Bruxelles, 4 mag. (Apcom) – I 159 funzionari di nazionalità italiana nei servizi delle Relazioni esterne di Catherine Ashton, Alto rappresentante per la Politica estera comune dell’Ue, sono al quarto posto, in termini percentuali, sul totale attuale della Direzione generale.
Lievemente sottorappresentati (dovrebbero essere poco più del 10%, sono al 9,6%), non se la cavano comunque male rispetto a paesi come la Germania (che ha il 9%, e dovrebbe avere poco meno del 13), la Gran Bretagna (che ha il 7,7% invece del 10,1 che le spetterebbe) e la Polonia (2% invece del 7,5%).
A prendersi la parte del leone sono i belgi, che approfittando evidentemente del fatto di avere le istituzioni europee in casa arrivano quasi al 18% invece di fermarsi sotto il 3%. Ma nettamente sovrarappresentati sono anche i francesi (13,9% invece del 10,2), e soprattutto gli spagnoli, che arrivano all’11,8% invece di fermarsi poco sotto l’8%. Anche gli olandesi riescono a ‘pesare’ più di quanto dovrebbero, visto che sono il 4,8% invece del 3,7.
Una rappresentanza maggiore di quella che gli spetterebbe ce l’hanno anche i portoghesi, gli svedesi, gli austriaci, i finlandesi gli irlandesi e i danesi e anche, di pochissimo, i greci.
Sottorappresentati, invece, oltre ai grandi paesi già indicati, sono i gli ungheresi, i cechi, i romeni, e poi lituani, bulgari, slovacchi, estoni, sloveni, lettoni, ciprioti, lussemburghesi e maltesi.
I dati sono stati forniti oggi a Bruxelles durante una conferenza stampa di due europarlamentari entrambi ex presidenti della commissione Affari esteri dell’Assemblea di Strasburgo, il tedesco Elmar Brok e il polacco Jacek Saryusz-Wolski. La conferenza stampa mirava a promuovere l’idea che il nuovo Servizio esterno della Ashton, che conterà migliaia di nuovi funzionari e sarà messo in piedi nei prossimi mesi, dovrebbe rispettare un equilibrio preciso nella ripartizione degli agenti fra i paesi membri. Secondo i promotori, quest’equilibrio dovrebbe definito in base alla combinazione di tre criteri (espressi in percentuale rispetto al totale): il numero di abitanti del paese, il numero di seggi al Parlamento europeo e il numero di voti nel sistema ponderato del Consiglio Ue.
I tre criteri furono usati per la prima volta come base di riferimento della ‘riforma Kinnock’, la riforma del personale comunitario operata dal commissario Neil Kinnock in concomitanza con il grande allargamento dell’Ue, nel 2004.
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