COCQUIO TREVISAGO La svolta tanto attesa nel caso del delitto delle mani mozzate potrebbe essere arrivata ieri mattina in tribunale a Varese, quando il consulente Carlo Robino ha depositato in tribunale a Varese gli esiti della sua perizia su tutto il materiale organico repertato. E se anche da palazzo nulla ancora è trapelato, è evidente che anche il riscontro positivo su una sola traccia – tra le molteplici raccolte dalla squadra mobile e dalla scientifica – può solo significare avere finalmente quella prova regina che incastri una volta per tutte l’unico indagato di questa turpe vicenda, Giuseppe “Pippo” Piccolomo.
Primo a leggere la perizia è stato il giudice per le indagini preliminari Giuseppe Fazio, che l’ha poi trasmessa in copia ai difensori, gli avvocati Simona Bettiati e Giovanni Pignataro, e al pm Luca Petrucci, titolare dell’inchiesta. Inutile chiedere a palazzo o ai legali. Ma la soddisfazione di chi conduce le indagini sembra fin troppo evidente: per chi sta dalla parte della pubblica accusa sono «buone notizie» quelle che emergono dalla lettura delle venti pagine nelle quali il consulente ha messo nero su bianco le sue conclusioni.
La perizia vale come incidente probatorio: cristallizza cioè come prove i risultati. Di qui l’importanza di questo passaggio, che potrebbe essere definitivo. E di qui l’ottimismo, ieri chiaramente leggibile negli occhi degli inquirenti, che hanno grande fiducia nella svolta tanto attesa.
Robino, uno scienziato dell’Istituto di scienze criminologiche di Torino (già nello staff dei periti per i casi di Cogne e Garlasco), era stato incaricato dal gip di estrarre il Dna dal materiale organico repertato sul luogo del delitto, all’interno della villetta in via Dante 23. E repertato pure nella casa di Ispra di Piccolomo, in carcere a Monza dallo scorso 26 novembre per una serie impressionante di indizi tutti convergenti sulla sua persona (misura restrittiva convalidata dal gip di Varese e successivamente pure dal tribunale del Riesame di Milano).
E repertato anche sulla sua vettura, la Nissan Micra di colore verde, il cui passaggio nei pressi del centro commerciale di Cocquio e successivamente nelle vicinanze della casa della vittima, poco prima dell’ora del delitto, era stato registrato dalle telecamere a circuito chiuso del supermercato, di un istituto bancario e della scuola elementare del paese. E repertato infine pure su un coltello da disosso trovato nei pressi di un cassonetto ad una trentina di metri dalla casa della vittima: oggetto sottoposto a duplice perizia, per verificare se vi fossero, oltre a tracce ematiche, anche impronte digitali (l’incarico era stato affidato a due esperti della polizia scientifica di Torino).
Due felpe e una scatola di guanti di lattice sequestrati a casa di Piccolomo, a Ispra, una canottiera di Carla Molinari, 23 formazioni pilifere, raccolte sulla scena del crimine, il coltello, e la macchina di Pippo passata al luminol: è da questi elementi che dovrà uscire la verità su uno dei delitti più efferati che la nostra provincia ricordi.
È da questi reperti che gli inquirenti sperano di ricavare una traccia che conduca a quelle mani mozzate e mai più ritrovate.
Franco Tonghini
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