Varese nel Cuore non per niente. Nella baraonda finale di Brindisi, in quel PalaPentassuglia reso afono dalle bombe di Rautins, in mezzo alla gioia sfrenata di un popolo finalmente festante in trasferta c’era anche Alberto Castelli, da due settimane presidente del consorzio che regge le sorti economiche della Pallacanestro Varese. Ripartire da quelle intense emozioni è doveroso.
Una tensione enorme che non poteva non sfociare in gesti così irrazionali. Quando è partito il tiro da tre di Mays ci siamo spaventati, poi è arrivato quel fischio che non avevamo capito se fosse la fine oppure un fallo. Insomma: sono stati abbracci liberatori, per come era andata la partita e per il bagaglio di sconfitte che ci portavamo dietro. Perdere ancora in modo rocambolesco avrebbe fatto male.
Gianmarco e Simone si scambiavano commenti tecnici che io capivo solo in parte. Posso solo confermare che il Poz ha vissuto con estremo pathos la gara e che negli ultimi minuti ci guardavamo e continuavamo a chiederci: «Come finirà stavolta»?
Assolutamente sì. Non avevamo ascoltato l’intervento del presidente Marino e non potevamo sapere che ci fossero animi così turbati. Si è poi creato un totale squilibrio tra chi veniva da sei sconfitte di fila e giustamente esultava e chi, al di là della tristezza per l’infortunio di Simmons, aveva perso una partita che i giornali locali davano molto più che abbordabile. Tutto è stato ingigantito: Ducarello e l’intero staff si sono subito scusati. E non sono nemmeno così convinto che fosse il caso di farlo: è stata solo “esuberanza cestistica varesina”.