A Busto uccidere un fascista non è un reato? Per qualcuno intitolazione a Ramelli “sfregio a democrazia”

Il sedicente Comitato antifascista critica duramente la decisione del Comune: “Via i fascisti da Busto Arsizio!”.

Con un comunicato dai toni durissimi, il sedicente “Comitato antifascista di Busto Arsizio” ha condannato la scelta di intitolare uno spazio pubblico a Sergio Ramelli, militante del Fronte della Gioventù assassinato nel 1975 da esponenti della sinistra extraparlamentare.

“Posizioni fasciste e un messaggio pericoloso”

Secondo gli antifascisti, Ramelli era noto per le sue posizioni politiche dichiaratamente fasciste, “spesso rivendicate in pubblico”. L’intitolazione, affermano, rappresenta “un segno, un modo per segnare un territorio e dare una direzione”.

Nel comunicato, il Comitato sottolinea come gli anni di piombo siano stati caratterizzati da estremismi politici da entrambe le parti, e che la scelta di dedicare uno spazio solo a Ramelli “ignora una riflessione storica più ampia e necessaria”.

“La democrazia è stata sfregiata”

Per il Comitato, l’intitolazione è uno “sfregio alla democrazia”. Citano le parole del consigliere di opposizione Paolo Pedotti, che ha “democraticamente” definito le idee di Ramelli “sbagliate”, e aggiungono: “Se non si condanna chiaramente quell’ideologia insieme alla violenza, si legittimano memorie che nulla hanno a che fare con i valori democratici”.

Pur riconoscendo la tragicità della morte di Ramelli, il Comitato ribadisce che l’ideologia di cui era esponente “rappresentava e rappresenta tuttora il rifiuto della democrazia, un’opinione non degna di rispetto o memoria pubblica”.

“Una riflessione collettiva è stata negata”

Il Comitato proponeva invece un’intitolazione a tutte le vittime degli anni di piombo, un gesto che avrebbe potuto promuovere una riflessione collettiva. Il rifiuto netto di questa proposta, sostengono, “ha chiuso ogni possibilità di confronto ragionevole”.

Concludono ironicamente suggerendo che i rappresentanti della maggioranza partecipino alle celebrazioni istituzionali, come il 25 aprile o il Giorno della Memoria, “in forma di cartonato”, denunciando la mancata coerenza con i valori democratici.