C’è una congiunzione astrale particolarmente favorevole in questi giorni nei cieli varesotti: nei giorni della grande luna, infatti, a Laveno da ieri brilla una nuova stella Michelin: Riccardo Bassetti.
Il trentaquattrenne gestore del Porticciolo è reduce da una due giorni intensissima al Teatro Regio di Parma, dove martedì è stata presentata la 62esima edizione della Guida Michelin 2017: il primo anno in cui la cerimonia si sposta da Milano nella città emiliana, dichiarata nel 2015 Città Creativa per la Gastronomia Unesco. E se l’Italia si conferma seconda selezione più ricca al mondo con ben otto ristoranti con tre stelle Michelin, la Lombardia pure torna a fregiarsi del primato per numero di stellati, con cinquantotto ristoranti e sei novità, fra cui appunto il nostro giovane talento di acqua dolce.
«In questo momento mi sento un po’ imbalsamato» scherza il simpaticissimo chef del lago Maggiore, la risata aperta e contagiosa di chi non te la fa cadere dall’alto: eppure da tempo il Nostro era pronto per gli spazi siderali. Tra i dodici giovani futuri migliori chef italiani secondo la guida dell’Espresso 2014, selezionato fra i dodici migliori cuochi italiani – unico lombardo – a fine gennaio di quest’anno per concorrere al Bocuse d’Or, il massimo riconoscimento internazionale di alta cucina,
ha all’attivo il cappello dell’Espresso (15 e ½ fino all’anno scorso) e le due forchette Gambero Rosso da tre anni. Il delizioso ristorante in riva al lago, per la verità albergo ristorante con una clientela internazionale – «molti svizzeri, questo è da dire» – è stato aperto trentatré anni fa dal padre Giovanni, il “re del risotto”, in collaborazione con la moglie sommelier e maître: nell’impresa di famiglia Giovanni gioca il ruolo del tradizionalista e Riccardo quello del genio innovativo.
Laureato in scienze turistiche allo Iulm, dopo un periodo di apprendistato da Oldani e Sergio Mei, il rampante chef viene segnalato nel 2010 a Robuchon per l’apertura del suo “Atelier” sugli Champs-Elysées: esperienza formidabile che prelude al Mandarin Oriental, dove Thierry Marx, uno dei capostipiti della cucina emozionale, aveva scelto una brigata di sei giovani di diversa nazionalità: in quegli anni è proprio il nostro Riccardo, con la sua cucina delle tradizioni e delle emozioni, a rappresentare l’Italia nell’Ile de France.
«Quando sono arrivato a Parma ero abbastanza tranquillo: a dire la verità ci speravo ma non sapevo ancora nulla. Eravamo venticinque chef comprese le due stelle e quelli già stellati che dovevano essere riconfermati. Ovviamente si tratta di un traguardo importantissimo, devo ancora realizzare che da oggi avrò gli occhi di tutto il mondo puntati addosso: l’obiettivo, già da oggi, è mantenere il traguardo».
Ricevere una stella Michelin è un percorso estremamente difficile. «Per chi non lo sapesse, le guide funzionano così: uno fa il suo lavoro e loro, i critici gastronomici, ti valutano senza che tu sappia niente, che tu possa prevedere nulla. Si prenotano come tutti i clienti, mangiano, pagano e poi scrivono. Quindi tu in teoria non sai nemmeno che ti sono passati a trovare, anche se un po’, quando arrivi a certi livelli, te lo aspetti».
Ma con che tipo di cucina il nostro affascinante chef – è proprio il caso di dirlo – ha conquistato i critici della Guida Michelin? «Innanzitutto, ci tengo a precisarlo, a ricevere l’ambita stella è stata la Tavola, perché gli spazi nell’Hotel Il Porticciolo, recentemente rinnovato nei locali, sono due: abbiamo anche l’Osteria, per pranzi e cene più informali. Mi considero una persona che fa una cucina creativa ma tradizionale, di qualità: l’equilibrio è il mio mestiere, perché mi piace calibrare i sapori, senza esagerare mai né con la creatività né con la tradizione, anche se bisogna sempre schiacciare sul pedale per creare l’effetto sorpresa. Attingo al territorio, principalmente, ma lo associo anche ad armonie lontane, come il pesce di lago al chorizo spagnolo. Mi piace stupire ma anche non avere limiti, senza definirmi per forza fusion: una cosa che puoi fare tranquillamente a Parigi ma non certo a Laveno».