VARESE (a.morl) A Varese ci sono circa 230 ragni diversi. Il settore protezione civile e sicurezza della Provincia di Varese ha pubblicato un’agile librettino dal tiolo “i ragni della Provincia di Varese” scritto dal naturalista Danilo Baratelli, che vanta anche la scoperta di un ragno che adesso porta il suo nome (Dysdera Baratelli). La guida, stampata in 3mila copie e distribuita dalle Guardie Ecologiche, oltre che essere corredata da foto rare, ha il pregio di avvicinare questi invertebrati alle persone che li temono. Una paura spesso ingiustificata. «Tutti i ragni sono potenzialmente velenosi, ma il morso della maggior parte di quelli che abitano nella nostra provincia non ha alcun effetto sull’uomo – rassicura Danilo Baratelli – Ad eccezione del Cheiracanthium punctorium che potrebbe provocare febbre e mal di testa, oppure della grande Segestria Florentina che vive in cantina e ha un morso abbastanza doloroso».
L’unico ragno di cui preoccuparci davvero è la Malmignatta che vive attorno al mediterraneo (ma non nelle nostre zone). Il suo morso non provoca la morte, ma può avere sintomi severi. Un’altra specie temibile è un piccolo ragno della famiglia dei Loxoscelidi che vive nel sud Italia (ma è stato avvistato anche a Milano): il suo morso, da un piccolo rigonfiamento, può trasformarsi in una piaga di 8 centimetri che impiega fino ad un anno a guarire.
Nelle abitazioni di Varese, è frequente il Pholcus Phalangioides, un piccolo ragno dal corpo quasi inesistente e dalle lunghe e sottili zampe, struttura che lo rende pressoché invisibile. «La sua particolarità è che per difendersi comincia a vibrare velocemente sulle lunghe appendici sino a confondere la vista del predatore» dice il naturalista. I tedeschi lo chiamano ragno che trema, gli italiani Filippo. I ragni più comuni rimangono però le Tegenarie, grossi Agelenidi che tessono tele triangolari a tovaglia negli angoli più
bui. All’interno di queste tele si nasconde una femmina, che può vivervi anche diversi anni. «I grossi maschi che terrorizzano le massaie in realtà sono i poveri maschi che, sentendo vicina la propria ora (vivono infatti un’unica stagione riproduttiva) si dannano a cercare una tela abitata da una bella e grossa femmina per riprodursi e morire – scrive Baratelli – Da uomini di mondo possiamo anche cercare di capirli, lo stesso però in genere non fanno le nostre assai più pragmatiche conserti che, con un ben assestato colpa di scopa, immediatamente eliminano il problema insieme con il malcapitato ragno innamorato. In ogni caso, ricordiamoci che i ragni sono gli unici in grado di combattere seriamente una vera e propria lotta biologica contro mosche, scarafaggi e altri insetti che, senza di loro, si moltiplicherebbero indisturbati».
e.marletta
© riproduzione riservata