VARESE A Varese la spazzatura vale oro, ma non per tutti. Le famiglie sono quelle che pagano il prezzo più alto di tutta la provincia (in media 150 euro all’anno a persona il valore della Tariffa urbana rifiuti) e anche le aziende, soprattutto artigiani, nella maggior parte dei casi sono in netta difficoltà.
Ma con significative eccezioni per alcune categorie come bar e ristoranti che sembrano essere state privilegiate a scapito di altre attività
produttive dal regolamento sulle tariffe deciso e applicato dal Comune.
Questo quanto emerge da un banale paragone tra i parametri indicati dalla legge e quelli applicati da Palazzo Estense. Il decreto del Presidente della Repubblica 158 del 1999, in attuazione della legge Ronchi, definisce le regole per il metodo così detto “normalizzato” (cioè basato sulla statistica) per la definizione delle tariffe dei rifiuti. In pratica divide le categorie produttive in 30 settori e per ciascuna definisce dei parametri minimi e massimi ai coefficienti fissi (kc) e variabili (kd) che, assieme alla superficie dello spazio occupato definiscono l’ammontare del tributo.
Il tutto distinguendo tra nord, centro e sud del Paese. Varese però rispetta questi parametri solo per sette categorie produttive, mentre nella metà dei casi applica coefficienti superiori anche al doppio del massimo previsto. I casi più eclatanti riguardano attività industriali e artigianali, botteghe, negozi di tessuti e banche (vedi tabella).
Il regolamento è in vigore da anni, ma la crisi economica da un lato e gli accertamenti portati avanti dal Comune dall’altro, hanno fatto scoppiare le proteste solo nell’ultimo anno. I più agguerriti sono sicuramente i fratelli Aletti, dell’omonima officina che un anno fa si sono visti recapitare un accertamento da 16 mila euro per la Tia «nonostante una bolletta annuale da 12 mila euro che mi sembrava già salatissima», racconta Mario Aletti. «Ho cominciato a chiedere ai fornitori che abbiamo in altri Comuni e che pagano molto meno, fino a un decimo di quello che paghiamo noi – aggiunge – Così ci siamo informati e abbiamo notato le discrepanze tra quel che dice la legge e quanto previsto dal regolamento comunale». Da qui una serie di incontri in Comune ma senza risultati soddisfacenti per gli Aletti che quindi hanno scelto le vie legali, presentando esposti alla Corte dei Conti e in Procura.
Nel frattempo si è mossa anche Univa con una lettera agli associati e l’avvio di una trattativa con il Comune di Varese. Ma non basta: le imprese strette tra crisi e pressione fiscale alle stelle non accettano più di pagare oro per la tassa rifiuti.
Pochi giorni fa sulle pagine di questo giornale abbiamo dato voce alla protesta di un gommista, ma non è il solo: «Paghiamo 1.500 euro all’anno per smaltire i nostri rifiuti speciali e 5.600 euro per il servizio di Aspem che ritira uno o due sacchi alla settimana. Non ha senso», protesta Luigi Alberti dell’omonima officina. «I parametri della legge non sono vincolanti» si difende il dirigente dell’area Tributi del Comune di Varese Elio Carrasi. La giustizia deciderà se le tariffe applicate dal Comune sono lecite ma il paragone con i parametri di norma le fa sembrare quanto meno sproporzionate.
Sul giornale in edicola lunedì 26 novembre la tabella completa con l’indicazione di tutti i parametri
s.bartolini
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