Un commento post-partita normalmente è formato da parole, da aggettivi pungenti o esaltanti, da iperboli che cercano – in pochi minuti ed a caldo – di dare un volto a ciò che è appena andato in onda in campo. I numeri non si dovrebbero usare: quelli appartengono ai tabellini, ai resoconti, alle classifiche, alle pagelle.
Qui, per la seconda stagione consecutiva, il verbo si è seccato in gola. L’unica soluzione sarebbe ripetersi, ribadire concetti, analisi, anche giustificazioni semmai (quelle il cuore cerca di non lesinarle mai),
ma in questo caso è la razionalità a bloccare. Cosa servirebbe? Chi è così originale da trovare fantasia davanti a questo sfacelo? Ed allora andiamo con i numeri va, aggrappiamoci alla loro oggettività come si fa con un’ancora in mezzo al mare. Facciamo parlare loro, perché noi non ne abbiamo più. Sesta sconfitta in casa su otto partite, alla faccia di chi ha dato fiducia a questa squadra a scatola chiusa in estate per sorbirsi ogni domenica un pianto greco: con un record del genere, con il fortino più bucherellato di un gruviera, i playoff non è lecito nemmeno sognarli. Anzi è peccato mortale.
Sei sono anche le vittorie, su diciassette partite complessive: peggio dello scorso anno. Frates, chi era costui? E che fine ha fatto? Pozzecco rimarrà saldo in panchina ed è giusto che succeda: al di là degli errori, solo con lui ci può essere uno spiraglio di futuro. Se questo palazzetto non langue deserto ogni domenica, se continua a riempirsi nonostante i risultati, è per il suo nome. Il record però fa riflettere: raffrontarsi con il 2014 dà la dimensione del fallimento.
Andiamo avanti: 8/16 ai liberi. Non è la prima volta che accade di totalizzare una percentuale così misera: a cosa pensano i giocatori quando scendono in campo? Daniel: 17 minuti, 2 punti. Nemmeno farlo giocare poco serve. Ingiusto citare i singoli in questo marasma generale, ma qui c’è gente che sta rubando lo stipendio perché rassegnata: ci dispiace società, ma dagli spalti l’impressione è proprio questa. Ci possono essere tutte le difficoltà tecniche del mondo, gli infortuni e pure le scelte lontane dall’essere ancora una volta non perfettibili: davanti ai lavativi, ai fragili ed agli svogliati, però, la pazienza è finita.