«Abbiamo rispetto anche del nemico»

Fiume di gente al Santuccio per la presentazione del libro “Cuore di Rondine”, scritto dal Comandante Alfa

È stato accolto con un lungo e fragoroso applauso il Comandante Alfa, 40 anni nel corpo d’élite del Gis (gruppo intervento speciale), ieri sera al teatro Santuccio per presentare il libro “Cuore di Rondine”, scritto in collaborazione con Stefania Piumarta, e i cui diritti, insieme al ricavato della vendita dei gadget, saranno devoluti interamente all’associazione che assiste gli orfani dei carabinieri caduti in servizio.

«Sono nato a Castelvetrano, in Sicilia, una cittadina non di mafiosi, ma di persone oneste che credono nel senso di giustizia. Sono riuscito con tanti sacrifici a coronare i miei sogni – ha detto il comandate Alfa, per tutta la serata con il volto coperto dal mefisto per non rivelare le proprie generalità per motivi di sicurezza, e intervistato da Roberto Leonardi, presidente della sezione di Varese dell’associazione nazionale carabinieri – La cosa più importante del libro è la voglia di trasmettere a tutti che non esistono obiettivi irraggiungibili, ci vuole tenacia».

(Foto by Varese Press)

«Il titolo “Cuore di Rondine” è nato perchè, quando andavo in campagna da bambino, mio nonno mi raccontava che il giorno che avessi colpito una rondine e ne avessi mangiato il cuore ancora caldo, sarei diventato invincibile. Ho impiegato tre anni per riuscirci, ma non è successo niente. La lezione però mi ha insegnato l’attesa, la prontezza, la forza e la fermezza».

Il racconto del Comandate ha spaziato dal senso di paura che lo ha assalito ad ogni chiamata, ai sogni futuri: «Vorrei creare centri di addestramento sulla sicurezza per i giovani. Prima di questa estate ne sarà operativo uno a Roma. Ma vorrei fare qualcosa anche nel Nord Italia».

«Il Gis è nato con Francesco Cossiga, per risolvere questioni difficili, come la cattura dei terroristi, i dirottamenti di pullman e treni, e altre situazioni. Il nostro motto è “sparare il meno possibile riuscendo a risolvere la situazione”. Non vogliamo decidere il destino delle persone, abbiamo rispetto anche del nemico».

Il Comandante ha raccontato cosa significa essere nel Gis: «Il nostro addestramento è sotto stress. Il mefisto è una seconda pelle. Ci dicono che siamo pagati tanto, ma se avessi scelto di fare i soldi, avrei fatto il mafioso, non il carabiniere. L’Arma mi ha fatto diventare uomo». «La gente pensa che siamo squilibrati mentali, forse è così nei film. Noi siamo persone normalissime, con un cuore. Mia moglie mi è sempre stata vicino. L’unico rammarico della mia vita è che non mi sono goduto l’infanzia dei miei figli»

E ancora: «Mi ricordo tutte le operazioni che abbiamo fatto, tra cui la liberazione di Cesare Casella e di Patrizia Tacchella. Quando la bambina mi vide stava giocando con una bambola. Mi tolsi il mefisto per non spaventarla e l’andai ad abbracciare, come se fosse mia figlia. Abbracciandola, un eventuale colpo avrebbe colpito me e non la bambina. Lei mi disse, “ti aspettavo”. L’ho incontrata 25 anni dopo, e ricordo che aveva lo stesso sorriso».

Il Comandante auspica che non sia necessario ricorrervi, ma ha dato un consiglio pratico: «se vi doveste trovare nel bel mezzo di un attacco terroristico con spari, non scappate, buttatevi per terra. Al Bataclan si sono salvate le persone che si sono distese per terra e che si sono coperte con i cadaveri».