– Resta in carcere Abderrhmane Khachia, il giovane marocchino di 23 anni, residente a Brunello, arrestato lo scorso 28 aprile con altre tre persone (le ordinanze erano sei, ma due dei destinatari sono latitanti) con l’accusa di essere molto vicino agli ambienti jihadisti, di voler progettare attentati in Italia e di voler poi raggiungere i territori controllati dal Califfato pronto a morire “da martire” come il fratello Oussama, espulso su ordine del Viminale dal territorio italiano nel gennaio 2015 e morto in un’azione
di guerra in Daesh come foreign fighter.
Il Tribunale del Riesame di Milano ha rigettato il ricorso presentato dal legale Luca Bauccio che lo patrocina. Khachia, presente in aula, aveva ribadito quanto già sostenuto davanti al gip in sede di interrogatorio di garanzia: «È vero al telefono ho detto un sacco di fanfaronate, ho fatto discorsi esagerati e iperbolici. Ma in realtà non avevo intenzione di fare nulla di male». Secondo il suo legale, l’unica colpa di Khachia è stata quella di «straparlare al telefono», anche se il marocchino «non è un pericolo per la società e non ha commesso nessun reato».
Per questo Bauccio si è definito “sconcertato” per un arresto che a suo giudizio non trova giustificazioni. «Abderrhmane è un ragazzo normale ed estraneo al mondo dell’Isis e del terrorismo, non aveva alcuna intenzione di martirizzarsi. Bisogna stare attenti a non processare fanfaronate dette al telefono». In sede di udienza davanti ai giudici milanesi del Riesame Khachia aveva anche chiamato in causa Moutaharrik Abderrahim, 24 anni, kickboxer di un certo livello che era solito salire sul ring con la maglietta nera di Daesh, anche lui arrestato il 28 aprile insieme alla moglie Salma Bencharki, 26 anni. Khachia ha sostenuto che fu “quel pugile a rovinarmi”, in un certo senso scaricando la responsabilità di quelle intercettazioni, che lo vedono sognare di fare un attentato ai danni della Questura di Varese per vendicare il fratello ingiustamente espulso, sul ventiquattrenne.
L’altro ieri il Riesame aveva rigettato il ricorso di Moutaharrik Abderrahim e della moglie. Ieri è arrivato il rigetto per Khachia: restano tutti in carcere. Il Riesame, con la sentenza depositata, ha confermato in toto l’impianto accusatorio a carico dei tre.