New York, 16 dic. (TMNews) – Per il grande pubblico è stato il campione dell’ateismo, autore di “God is not great”, Dio non è grande, il bestseller del 2007 che aveva diviso l’America intellettuale. Ma Christopher Hitchens, lo scrittore e giornalista inglese naturalizzato americano scomparso ieri a 62 anni, è stato molto di più. I tributi che affollano oggi la stampa americana sono la testimonianza di una vita e di un’opera dall’intensità rara. Su Vanity Fair, la rivista che da vent’anni lo ospitava ogni mese, il direttore Graydon Carter lo ricorda così: “Critico incomparabile, maestro di oratoria, intelletto fiammeggiante, bon vivant senza paure”.
Hitch, come lo chiamavano amici e giornali, è stata una delle voci più controverse nel panorama degli ultimi trent’anni. Nato nel 1949 a Portsmouth in Inghilterra, da ragazzo era uno studente oxfordiano di ultrasinistra. In età matura si era spostato verso destra, spinto da quella che riteneva la reazione tiepida dei progressisti alla fatwa degli ayatollah iraniani contro il suo amico Salman Rushdie. E aveva fatto infuriare i liberal, non solo americani, schierandosi convinto per la guerra del 2003 in Iraq.
Ma non aveva timore di attaccare qualunque mostro sacro: tra i suoi bersagli più celebri c’erano stati Madre Teresa e Carlo e Diana, che assaliva in quanto repubblicano e nemico della monarchia britannica. Posizioni difficili che argomentava con celebre brillantezza, e che gli erano valse il quinto posto in una classifica degli intellettuali più influenti del mondo pubblicata nel 2005 dalla rivista Foreign Policy.
Vittima di un cancro all’esofago diagnosticato l’anno scorso che lo aveva spinto a scrivere pagine lucide e ironiche sull’avvicinarsi della fine, è morto in un ospedale specializzato a Houston, in Texas. Il suo ultimo lavoro, l’autobiografia “Hitch-22”, è uscito nel 2010, salutato dalla critica come uno dei libri dell’anno.
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