La vicina Svizzera, quarta piazza finanziaria mondiale, ha confermato l’uscita dalla black list dei paradisi fiscali, assieme a Singapore, accettando lo scambio automatico delle informazioni bancarie tra i Paesi Ocse a partire dal 2017. Da questa data banche e intermediari elvetici dovranno comunicare con continuità e senza tralasciare nessuna posizione tutti le situazioni dei loro clienti, complessivamente relative ad almeno 200 miliardi di euro che hanno trovato rifugio dal Fisco italiano nel vicino Paese, ma prima ancora dall’ingerenza della Germania nazista.
I precedenti ‘condoni’, altrimenti detti scudi fiscali, davano la possibilità di fare emergere i patrimoni attraverso il pagamento – tramite un intermediario finanziario per conto del beneficiario – di un’imposta forfettaria media del 5%, il tutto regolamentato attraverso una dichiarazione riservata. In realtà, l’emersione non è stata premiata in quanto annualmente lo Stato italiano impone nuove imposte.
In un regime transitorio di due anni, gli intermediari finanziari stabiliranno con i singoli Paesi i protocolli di scambio delle informazioni, dove esisteranno condizioni di reciprocità. Il rallentamento delle trattative è ancora una volta dovuto al Parlamento romano, dove devono essere approvate tutte le normative per la gestione di questo tesoro o le modalità per occultare meglio quanto imprenditori e politici italiani hanno parcheggiato oltralpe. Non essendo previsti altri scudi fiscali e venendo meno la segretezza, le banche svizzere non hanno più convenienza a tenere questi capitali di cui la provenienza è incerta e soggetta alle norme antiriciclaggio, anzi, per potere operare liberamente su tutte le piazze mondiali hanno tutto l’interesse ad uscire dalla black list e a svincolare questo enorme tesoro. Attraverso un referendum elvetico, l’obiettivo è mantenere la segretezza per i cittadini svizzeri residenti in Svizzera.
Pertanto, in questo contesto di ridotta immigrazione, bassa tassazione, infrastrutture eccellenti ed economia solida, la Svizzera ha realmente un appeal irresistibile per gli imprenditori italiani, che potrebbero essere ulteriormente spinti a trasferire non solo il proprio conto corrente ma anche la propria realtà imprenditoriale in Svizzera.
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