Ogni uomo della Pallacanestro Varese, che rispetto a tutti gli altri tifosi di basket pensa di saperne un po’ di più, da ieri ha lasciato per sempre nell’anticamera del cervello i dubbi sugli schemi dati o non dati da Pozzecco, passando a cose ben più importanti. Chi se ne va in un posto e in paese dove non se ne va mai nessuno merita un monumento rispetto a chi resta inchiodato alla panchina o alla poltrona.
Se poi se ne va colui che aveva annunciato da mesi il proposito di farlo nel momento in cui avesse capito che la Pallacanestro Varese fosse stata in pericolo, merita poche parole: grazie Poz, sei un uomo vero. Se fossi rimasto, forse saremmo retrocessi assieme (e l’avremmo fatto in un abbraccio di lacrime e sangue), ma adesso che te ne sei andato sicuramente ci salveremo assieme: ti salverai tu perché questo sacrificio ti rende più grande di chiunque resti o verrà (lasciare l’amore più grande della vita solo per il suo bene e non per il proprio è un gesto che non ha prezzo, eterno e immenso), ci salveremo noi perché la normalità che segue l’eccezionalità ottiene sempre il minimo indispensabile, crudele e banale.
Pozzecco era una nuvola, è mancato il cielo. Gianmarco era un sogno, è mancata la realtà capace di sostenerlo. È mancata la società: se ti affidi alle emozioni devi avere una lavagna o una bibbia capace di incanalarle e metterle in pratica. È mancato Recalcati (ai tempi in cui si scelse il Poz, era a Montegranaro più libero dell’aria), o Zorzi, o Bizzozi. È mancato un totem, un padre, un grande fratello capace di prendere per mano quell’inguaribile guastafeste nei momenti in cui non poteva vincere solo il cuore, solo la furia, solo la passione, solo il piacere di divertirsi e credere negli altri.
Tu ora non piangere, Poz, e non rimproverarti perché l’unica cosa in cui hai davvero fallito è stata colpa nostra: dopo la camicia strappata in mezzo al campo hai provato a ingabbiarti perché te lo chiedevano tutti. Non potevi riuscirci e questo è il risultato: te ne vai alla Pozzecco, solo per amore. In alto i calici, Gianmarco: il tempo e le ferite non cancellano il fatto che tu sei parte di noi. La tua presenza qui non ci lascerà mai soli. E tormenterà più noi di te.