CANNOBBIO – Contributi liberamente presi da Wikipedia, dal gruppo Fb “La Varese Nascosta” e dal sito Laregione.ch.
Il lago Maggiore insidioso come il mare. Pochi conoscono la storia della torpediniera Locusta, una storia triste e misteriosa, poichè fino a questo momento, nonostante sia passato più di un secolo, i motivi dell’affondamento del natante e la posizione esatta del relito restano ancora sconosciuti.
La Locusta affondò la notte tra l’8 ed il 9 gennaio 1896 dopo esser salpato da Cannobio per un normale servizio di pattugliamento sul Lago Maggiore. L’unità, classificata come “torpediniera costiera di quarta classe” (lunga 19,20 metri, capace di una velocità di 17 nodi e dotata di un cannone a ripetizione “Nordenfeldt” ) era tra quelle acquistate dalla Regia Marina nei cantieri Thornycroft di Londra nel 1883, per essere imbarcata su navi da battaglia per l’impiego in mare aperto. Inizialmente imbarcata, insieme alla gemella “Zanzara” sulla nave da guerra “Caio Duilio“, si dimostrò inadatta all’impiego bellico e quindi fu ceduta alla Regia Guardia di Finanza nel 1886 e trasferita per l’impiego sul Lago Maggiore il 9 marzo 1892, con lo scopo di svolgere incarichi di vigilanza doganale al confine con la Svizzera, in particolare per contrastare il contrabbando di tabacco, allora molto fiorente.
Cosa accadde quella notte, è rimasto un insoluto mistero. La “Locusta” salpò da Cannobio in direzione di Maccagno per un normale pattugliamento lacustre; il tempo era buono come segnalato sul diario di bordo: “cielo sereno e lago calmo, con una fredda brezza spirante da nord dalla vicina Svizzera”. A bordo vi erano dodici uomini di equipaggio, ovvero otto marinai della Regia Marina e quattro guardie di finanza. Dopo una sosta in località Poggio Valmara per una ispezione al valico, il naviglio proseguì il suo viaggio ma, durante la navigazione notturna sul lago, all’improvviso, si alzò un vento impetuoso con raffiche di tramontana e, subito dopo la mezzanotte, si scatenò una furiosa tempesta. Le acque si agitarono, le correnti diventarono impetuose, i lampi squarciarono il cielo gonfio di nubi nere. La “Locusta”, sorpresa dall’improvvisa burrasca, dovette mutar rotta verso la vicina Punta Cavalla al largo di Maccagno, per cercare riparo alla violenza della tramontana. Il riflettore della torpediniera venne avvistato da Cannobio per l’ultima volta poco dopo la mezzanotte del 9 gennaio 1896, stando alle testimonianze tramandate, per poi puntare verso l’alto e scomparire senza lasciare tracce.
Le operazioni di soccorso iniziarono subito alle prime luci dell’alba, con la torpediniera-gemella “Zanzara” per le ricerche immediate ed il soccorso ai naufraghi, ma nonostante la lunga e minuziosa perlustrazione su tutto lo specchio d’acqua concentratosi tra Cannobio, Cannero Maccagno e Pino, non venne trovata traccia alcuna di superstiti né di relitti. Il lago aveva letteralmente “inghiottito” l’unità navale con tutto l’equipaggio di bordo. Cosa accadde alla “Locusta”, quella notte, fu oggetto di molte ipotesi. Forse il natante venne rovesciato da una raffica di Tramontana e le acque si rinchiusero sull’equipaggio rifugiatosi sotto coperta per ripararsi dalla burrasca.
Non si poteva neppure escludere che “in quel momento fatale, furono i portelli aperti dell’osteriggio di macchina, a determinare l’allagamento dei locali di bordo”. E come non prendere in considerazione l’eventualità di “una esplosione delle caldaie esterne, dovuta ad un’onda improvvisa”. Supposizioni a parte, resta il fatto che tutte le ricerche ed anche l’inchiesta che venne aperta non diedero alcun risultato. Anche i vari tentativi intrapresi nel tempo, basati sulla ricostruzione della rotta e delle posizioni indicate dalle cronache dell’epoca, si sono conclusi senza troppa fortuna e nessuno con successo.
Negli anni ’80 il relitto era stato ricercato in due occasioni: dapprima con il batiscafo dell’esploratore e ingegnere svizzero Jacques Piccard, poi con l’intervento di una unità della marina militare italiana, guidata da un ammiraglio, con l’intento di recuperare almeno il natante per esporlo al museo nazionale di Ostia, in quanto unico esemplare rimasto della serie di torpediniere costruite all’epoca. Anche i tentativi più recenti hanno dato esito negativo poiché il fondale del lago è coperto da grandi depositi di terra e di melma. Nel 2018 però Roberto Mazzara, ingegnere e ricercatore varesino, ha raccontato di aver individuato il ”Locusta” a Punta Cavalla, in località Poggio. ”Ho individuato l’area cui giace: lo dico suffragato da prove scientifiche – ha raccontato Mazzara in una intervista alla Prealpina –. Per ora non dispongo di immagini video, in quanto non disponevo di apparecchiature ad hoc. Le avrò non appeno sarà tornato sul posto. Nelle ricerche mi sono avvalso della collaborazione dell’Associazione sub Verbania. Con il magnetometro dell’Avav di Luino ho raccolte prove che confermano la presenza sul fondo del Verbano dell’imbarcazione”.
A memoria dei dodici militari dell’equipaggio della “Locusta” , “caduti nell’adempimento del dovere“, resta il monumento a loro dedicato presso il Poggio delle Regie Torpediniere, nei pressi del porto militare della Guardia di Finanza a Cannobio (FOTO). Sulla vicenda si può leggere anche il libro “Torpediniera T19 Locusta. Pattuglia senza ritorno”, di Elio Motella, Editore Macchione.