Non voleva uccidere Filippo Mazzitelli, il dipendente Stie di 57 anni che lunedì ha massacrato a calci e pugni il direttore della società per cui lavora, un varesino di 53 anni, adesso in coma farmacologico. Lo ha detto lo stesso dipendente che ha spiegato al gip di Busto Arsizio Piera Bossi: «mi sentivo perseguitato. Ho perso la testa».
Il giudice per le indagini preliminari, dopo essersi riservato sino alle 19 di ieri sera, ha deciso per la custodia cautelare ai domiciliari: Mazzitelli è uscito dal carcere e tornerà a casa. L’uomo, assistito dall’avvocato Davide Toscani, è incensurato e si è detto “pentito” per quanto ha fatto.
E a pesare sulla decisione del gip sarebbe stata proprio l’assenza di precedenti a carico del cinquantasettenne, da 27 anni dipendente Stie, addetto alla vendita di biglietti, con un carattere descritto come non violento da colleghi e dipendenti. Eppure lunedì mattina l’uomo è entrato cime una furia nell’ufficio del suo superiore e lo ha aggredito al culmine di un diverbio. Lo ha colpito con pugni prima e calci poi, quando la vittima era già caduta a terra, con una violenza fuori controllo.
A porre fine all’aggressione erano stati i colleghi che allarmati dal trambusto sono entrati nell’ufficio bloccando Mazzitelli e chiamando i soccorsi. Il cinquantasettenne è stato arrestato dai carabinieri della compagnia di Legnano, su disposizione del pm di Busto Arsizio Luigi Furno, con l’accusa di tentato omicidio. Toscani ha chiesto la derubricazione del capo di imputazione contestato a lesioni gravi. Mazzitelli ha giurato al gip “di voler uccidere”, di sentirsi “nel mirino” prima per delle ferie negate, poi per quel richiamo disciplinare dovuto al suo non aver rispettato gli orari di lavoro. Di essere “pentito”.
La vittima è ancora ricoverata in Rianimazione a Legnano: è ancora in coma farmacologico. Nelle prossime ore sarà necessaria la valutazione di eventuali danni neurologici causati dall’aggressione.