Aggressioni in Ospedale, si corre ai ripari con la videosorveglianza attiva

Si potenzierà il collegamento con la Questura e la presenza della Polizia nel presidio sanitario. I, rischio però è che non basti. Dentali: "Serve maggiore consapevolezza e cultura nei pazienti"

VARESE – Dopo l’ultimo episodio avvenuto nella notte di sabato 21 all’Ospedale di Circolo (QUI l’articolo), adesso l’Azienda Ospedalieri dei 7 Laghi corre ai ripari intensificando ulteriormente la videosorveglianza e il collegamento, per altro già esistente, con la sala operativa della Questura di Varese.

Il Direttore Generale di ASST 7 Laghi Giuseppe Micale esprime “solidarietà agli infermieri coinvolti, ma anche ai colleghi che sono esposti al rischio di restarne vittima. Il contrasto alla violenza fisica e verbale perpetrata a danno dei nostri professionisti è una delle priorità su cui stiamo lavorando, potendo contare su una rete di sinergie preziosissime con Prefettura, Procura, Questura e Comune”.

Nel concreto, sarà potenziato l’attuale collegamento con la Polizia: non solo la linea diretta del cosiddetto “filo rosso”, bensì anche un canale video sempre operativo che consentirà alle forze dell’ordine di visionare in tempo reale la situazione del Pronto Soccorso. In questo modo si potrà intervenire direttamente, anche senza una chiamata da parte degli operatori sanitari. L’azienda promuove anche incontri di formazione per il personale ospedaliero, e sta aggiornando le procedure di denuncia e regolamentazione interna, in collaborazione con la Procura di Varese.

La paura di molti operatori sanitari ad operare in un contesto sociale sempre più compromesso è sempre maggiore, ma c’è anche chi, come il Dott. Francesco Dentali, capo dipartimento dell’Area Medica e Presidente Nazionale FADOI (Federazione delle associazioni dei dirigenti ospedalieri internisti), che specifica come “militarizzare gli ospedali non sia la soluzione definitiva” e propone un’interessante riflessione. I pazienti oggi hanno aspettative che superano le potenzialità della medicina. La malattia va combattuta ma anche accettata da parte del paziente, e quando ciò non avviene, scatta la rabbia verso il medico o l’infermiere. Non sempre si può guarire, e questa consapevolezza è bene diffonderla altrimenti i soli provvedimenti sicuritari rischiano di non avere successo nel risolvere il problema.