«Agusta, modello per Finmeccanica 2.0»

Magari non si chiamerà neanche più Finmeccanica a gennaio 2016, di certo sarà una struttura con funzioni verticalizzate e divisioni di prodotto che dovrà essere in grado di generare risorse per fare investimenti.

I lavori sono in corso, gli incontri con le organizzazioni sindacali costanti e, tra novembre e dicembre, si arriverà al piano industriale del grande Gruppo che dovrà imparare a ragionare a livello di sistema.

«C’è da mettere a posto i fondamentali», indica Michele Zanocco, segretario nazionale della Fim Cisl, responsabile del settore Finmeccanica, ieri mattina a Villa Cagnola, a Gazzada, per la riunione dei delegati Fim Cisl delle aziende Finmeccanica (Alenia Aermacchi, AgustaWestland, Selex, Es, Fata Logistic) e delle aziende dell’indotto aeronautico delle provincie di Varese e Milano (Mag, Iap, Secondo Mona, Simav).

«Questo territorio ha la fortuna di avere un’azienda importante come AgustaWestland e da qui ripartirà la ripresa del nuovo modello Finmeccanica», sostiene il segretario nazionale Fim per il quale l’azienda elicotteristica, oltre ad avere le performance più positive in Finmeccanica, ha «fondamentali solidi».

Cosa sono i fondamentali? «La capacità di essere produttivi, efficienti, di avere prodotti buoni da mettere sul mercato, di produrre utili e investire in ricerca e sviluppo. In tre parole: efficacia, efficienza, qualità». Diverso per Alenia Aermacchi i cui prodotti «non sempre riescono ad avere un livello di redditività sostenibile» commenta Zanocco.

Ci sarà da lavorare per rivoltare Finmeccanica come un calzino e renderla «produttiva, efficiente, integrata» avvisa il sindacalista, «grasso ce n’è e servirà una cura da cavallo sapendo bene, anche noi, il prezzo da pagare. Ma la Fim deve avere una sua idea e vuole governare il cambiamento».

Niente fumo negli occhi. «Nel nostro Paese manca una politica industriale, bisogna decidere sul sistema di Difesa del Paese, in ambito militare e della sicurezza che significa anche reti di comunicazione e di controllo del territorio. Vogliamo possedere le reti, i satelliti da cui passano dati sensibili di ogni settore o farli gestire a Paesi stranieri o a privati? Lasciamo a loro le arterie dove passa il sangue del nostro paese, senza ricadute occupazionali e con dati sensibili in mano ad altri o controlliamo da noi le vene del nostro corpo?» domanda Zanocco. «La questione articolo 18 è solo un’arma di distrazione di massa», incalza.

«L’attenzione va posta sulla necessità di una politica industriale – prosegue – La politica deve svegliarsi, sono le decisioni che creano una politica industriale. Il problema è assumere, non licenziare perché andando avanti di questo passo non ci sarà neanche più nessuno da licenziare».

Dice chiaro il segretario Fim: «Ogni posto di lavoro nell’industria manifatturiera genera due posti nei servizi. Il manifatturiero è moltiplicatore di posti di lavoro». Dunque «sveglia, politica».

Ci sono «253 Caccia da mettere a terra, fuori produzione, con 30-40 anni di vita. Bisogna decidere se sostituirli o no, sapendo però che la commessa di un tot di velivoli (in questo caso gli F35) porta con sé determinate ricadute occupazionali che non sono le stesse se dimezziamo la commessa», ricorda Zanocco. Mancano, poi, investimenti in ricerca e sviluppo.

«Fare investimenti sul militare e lo spazio significa lanciare avanti un Paese anche nella capacità tecnologica di prospettiva perché, piaccia o no, il comparto civile risente sempre delle avanguardie tecnologiche del militare», annota il segretario Fim. «Non siamo guerrafondai, ma il Governo deve decidere se avere o no una Difesa e credere nel manifatturiero».

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