Disoccupati dopo i 50 anni: «In fila alla Caritas per i pacchi alimentari. Vogliamo rimetterci in piedi ma non abbiamo nemmeno 100 euro per l’iscrizione alla Camera di Commercio di una nuova attività».
Aldo e Franca, 59 anni lui, 56 anni lei: disoccupati e rimasti senza più un euro nel portafogli. I nomi sono di fantasia, per preservare l’estrema dignità con cui questa coppia vuole rivolgere pubblicamente un appello per «chiedere una mano per potersi rimettere in carreggiata». Li abbiamo conosciuti perché un giorno è arrivata una telefonata in redazione. Una delle tante segnalazioni, girate al giornalista che segue quella parte di territorio, i Comuni attorno a Gallarate. All’altro capo della “cornetta” c’è Aldo, 59 anni. È disoccupato e vorrebbe raccontarci la sua storia.
«Mi raccomando, non scriva i nostri nomi perché non vorremmo essere riconosciuti». Non è bello raccontare di essere rimasti senza un euro in tasca per le minime esigenze della vita di tutti i giorni. Aldo ci accoglie nella sua casa, una villetta monofamiliare con giardino in cui vive in affitto insieme alla moglie – Franca, 56 anni – da due anni e mezzo. «Abbiamo perso il lavoro da diversi mesi – raccontano, nella cucina della loro abitazione – eravamo insegnanti di musica classica, ma è un settore in cui purtroppo il mercato per le lezioni private offre sempre meno opportunità. Da allora abbiamo messo mano a tutti i nostri risparmi per mantenerci, trovando qua e la solo qualche piccolo lavoro momentaneo».
Un lavoro vero, per due disoccupati che vanno verso i 60 anni, è complicatissimo trovarlo. Così però i soldi, in assenza di entrate, cominciano a scarseggiare. Dopo tante porte prese in faccia quando andavano a proporre il loro curriculum, Aldo e Franca non si perdono d’animo, e cercano di prendere di petto la situazione: «Siccome non abbiamo mai chiesto niente a nessuno, abbiamo pensato che fosse una buona idea provare a mettersi in proprio» raccontano. Dopo i primi approcci per l’apertura di attività in franchising, inaccessibili senza un capitale a disposizione, si imbattono in un progetto di microcredito. Dopo qualche inconveniente iniziale, dopo essersi affidati alla persona sbagliata, finalmente riescono a trovare un interlocutore serio, e le prospettive di poter avviare un lavoro autonomo si fanno concrete. «Per finalizzare la pratica ci servono ormai soltanto i 100 euro dell’iscrizione alla Camera di Commercio, ma non ce li abbiamo».
Sì, perché nel frattempo, mentre Aldo e Franca frequentano i corsi per il microcredito e iniziano a pianificare il loro futuro, i soldi finiscono. «La macchina è ferma in garage, perché non abbiamo i soldi per la benzina né quelli per l’assicurazione». Aldo gira con la sua bicicletta, ma quando devono andare a fare le commissioni sono costretti a spostarsi a piedi. «Noi di certo non arriviamo a salire sull’autobus o sul treno senza aver pagato il biglietto» scuote la testa Franca. Con il portafogli vuoto, inizia a diventare un problema anche mangiare.
«Per fortuna quest’estate l’orto è stato produttivo – fa sapere Aldo – per un mese siamo andati avanti mangiando pomodori, insalata, patate e zucche. Poi però siamo dovuti andare alla Caritas per ritirare i pacchi alimentari». Così, due persone di buona cultura, con una vita normale alle spalle, si sono trovate a dover fare due volte alla settimana la fila alla Caritas del paese per poter mettere qualcosa nello stomaco. «Il primo giorno ci siamo andati insieme. È stato uno choc» raccontano. Per chi non ha mai chiesto assistenza significa dover ammettere di essere in estrema difficoltà: «Ci imbarazza chiedere aiuto».
C’è quel senso di pudore di chi vorrebbe potercela fare con le proprie forze, ma quando il frigorifero è vuoto e non si ha un euro in tasca non resta che bussare tutte le porte. I pacchi della Caritas non sono il massimo, è vero, ma meglio di niente: «Per avere i pacchi di pasta bisogna prenotarsi. Certi giorni ci troviamo a mangiare yogurt scaduti il giorno prima e acqua del rubinetto, oppure ad avere il pesto per condire la pasta senza avere la pasta e le sfoglie delle lasagne senza avere nulla da metterci dentro come ripieno».
Anche nel loro Comune di residenza, Aldo e Franca sono stati ascoltati e hanno ottenuto un aiuto, con il pagamento delle bollette e l’attivazione del bonus sociale per abbattere il costo di luce e gas, mentre è in fase di valutazione la richiesta per il sostegno nel pagamento dell’affitto, che è in stand-by da diversi mesi anche grazie alla comprensione del padrone di casa. Ogni istituzione, da quelle pubbliche a quelle laiche e di ispirazione religiosa, ci ha messo il proprio pezzetto per dare una mano.
Ma non basta: senza una pensione, per ragioni anagrafiche, e con scarsissime possibilità di fare dei piccoli lavori, anche perché le restrizioni ai “voucher” per le prestazioni occasionali hanno ridotto le opportunità in circolazione per chi si trova in situazioni di disoccupazione, Aldo e Franca chiedono solamente, e con grandissima dignità, «un aiuto. Temporaneo. Solo per arrivare alla fine dell’anno, in attesa che parta la nostra nuova attività, che sarà la nostra occasione per mettercela tutta per risollevarci».
Se qualcuno ha un cuore per dare loro un’opportunità, si faccia avanti.